Milan, clamoroso New York Times: Yonghong Li non sarebbe proprietario delle miniere, patrimonio fasullo?

Nuove ombre su Yonghong Li, accusato dal New York Times di non essere il proprietario delle miniere di fosfati, come invece descritto nel patrimonio presentato a Fininvest durante la trattativa per l’acquisizione del Milan. Infatti, secondo il registro delle imprese cinesi, le miniere sarebbe state di proprietà di quattro persone diverse nell’ultimo anno. 

Sono passati sette mesi ormai dal passaggio del Milan dalla Fininvest di Silvio Berlusconi alla Sino Europe Sports di Yonghong Li. C’è stato una sessione di calciomercato da 230 milioni di euro e altri investimenti da parte della proprietà per rimpinguare le casse societarie. Ma non smettono le voci attorno alla figura dell’uomo d’affari cinese, sempre più oscurato da ombre molto pericolose. 

Non solo Li non era e non è tuttora conosciuto in Cina, ma anche il suo patrimonio, costituito per lo più di miniere di fosfati nella città di Fuguan, una città della provincia di Guizhou, sarebbe ora oggetto di brogli e grandi dubbi, perché sconosciuto nel circolo di coloro che si occupano di miniere. 

A rilanciare l’inchiesta è il New York Times, che, nell’analizzare l’acquisto del Milan per 860 milioni di euro, grazie ad investitori esterni, come Huarong International e Haixia Capital, e a prestiti da parte di un hedge fund, come Elliott, che si sta provando a rifinanziare con Highbridge, tramite un contratto di cinque anni con tassi di interesse inferiori, ha analizzato il registro delle imprese cinesi scoprendo l’arcano.

Infatti, quelle miniere tanto esaltate da Li sarebbero in realtà di proprietà di qualcun altro. Inoltre, gli uffici della compagnia di Li sono risultati vuoti e con un cartello fisso sulla porta di ingresso, che accertava il mancato pagamento dell’affitto, nonché le dispute legali e commerciali con il governo cinese. Il Milan, in realtà, ha sempre specificato la positività dei controlli sulle miniere fatti dalle parte in causa durante la trattativa. 

Il presidente del Milan Yonghong Li

Con la stretta da parte del governo agli investimenti all’estero, molti uomini di affari cinesi hanno trasferito le proprie proprietà sotto prestanomi, alcune volte anche parenti o associati, così da sfuggire ai controlli statali. Anche Li, quindi, avrebbe fatto lo stesso, visto che nell’ultimo anno le miniere di fosfato del suo patrimonio hanno cambiato quattro proprietari, di cui due volte senza esborsi economici. 

Le miniere di fosfato, in questo momento, sono di proprietà della Guangdong Lion Asset Management, precedentemente posseduta da due parenti, entrambi con il nome di Li Shangbing, uomini d’affari dell’area di Maoming, nel sud della Cina. I due parenti, insieme a Li Qianru, avrebbero poi venduto la società a Li Yalu, di cui non ci sono informazioni nei registri cinesi, che poi, tre settimane dopo, ha rivenduto il tutto a Zhang Zhiling

La particolarità è nelle somiglianze tra Yonghong Li e Li Shangbing: entrambi hanno relazioni con la Guangdong Lion; entrambe sono state citate da un tribunale cinese per il mancato pagamento di un prestito; entrambe hanno fondato una compagnia, la Sino Europe Sports Asset Management Changxing Company, con sede nello stesso edificio di Huzhou, proprio la società che detiene il 99,93% delle quote azionarie del Milan come shreholde di Rossoneri Sport Investment, di proprietà di Yonghong Li. 

Il tutto, senza dimenticare ovviamente i precedenti dell’attuale proprietario e presidente del Milan, che nel 2013 è stato multato per circa 90 mila dollari per non aver dichiarato la cessione di un’agenzia mobiliare per un’operazione totale da 51 milioni di dollari in azioni, e la condanna al carcere al padre e al fratello di Li per la promessa fatta ad alcuni investitori di profitti consistenti tramite la vendita di frutteti di lychees e longan, grazie alla Guangdong Green River Company, il business di famiglia, per un esborso totale pari a 68,3 milioni di dollari. 

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