Sebastian Vettel sta vivendo probabilmente il momento più duro della sua vita professionale. Sottoposto all’enorme pressione di dover riportare a Maranello un’iride che manca ormai dal 2007, per quel che riguarda il titolo piloti, e dal 2008, per quel che riguarda il titolo costruttori. Come se non bastasse, ci sono degli avversari, Lewis Hamilton e la Mercedes, fortissimi, organizzatissimi e spietati nello sfruttare qualsiasi occasione gli si presenti loro.
A partire dal sanguinosissimo errore di Hockenheim, solo a Spa Sebastian è riuscito, per così dire, ad essere se stesso, ottenendo una netta vittoria. Ma il testacoda di Monza (con annessa simil-battaglia con Kimi Raikkonen) e la scialba prestazione di Singapore hanno nuovamente alzato il livello della critica ben oltre il livello di guardia, sottoponendo il tedesco ad un fuoco di fila a tratti davvero sgradevole.
Il succo, però, è che nel frattempo Hamilton si è portato a 40 punti di vantaggio e, con 6 appuntamenti ancora da correre (la maggior parte dei quali, sulla carta, a favore della W09), il Mondiale per molti è ormai compromesso. Ma Vettel non vuole mollare e promette battaglia da qui alla fine. “Io credo assolutamente di poter ancora vincere il Mondiale. Innanzitutto perché posso ancora riuscirci e l’ho dimostrato quattro volte. Quindi perché abbiamo una macchina alla pari della Mercedes e posso giocarmela. Il terzo posto di Singapore non ha aiutato, è vero; ma posso ancora diventare campione del mondo da solo e continuerò a lottare“, ha spiegato il tedesco a Sport Bild.
“Le critiche al mio stile di guida? Ci ho vinto quattro mondiali e 52 Gran Premi. Senna diceva che se non ci provi non sei un pilota, e la penso anch’io così. Se nel 2012 non avessi fatto quel sorpasso rischioso su Button ad Abu Dhabi avrei perso dei punti e non sarei diventato campione del mondo” – aggiunge il ferrarista – “La paura di fallire? Tutti temono di sbagliare e sono consapevole come tutti che quando rischi, può capitare che ti giri male. Ma non devi lasciare che la paura ti paralizzi. Posso ancora diventare campione del mondo, è ancora tutto nelle mie mani e continuerò a lottare per questo obiettivo“.
“E’ un discorso, il mio, che vale anche per le strategie rischiose come quella di Singapore” – prosegue Vettel – “Difenderò sempre la mia squadra e la Formula 1 è uno sport di squadra, dove vinci e perdi insieme. La Ferrari è diversa perché significa di più, perché dietro ha tutta una nazione“. Un pensiero, infine, a Michael Schumacher: “Vista la sua esperienza in Ferrari, se stesse bene gli chiederei tante cose. Non per forza riguardo il modo di guidare, quanto sul dietro le quinte, sul lavoro nel team e sulle politiche della Formula 1“.
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