F1 GP Australia 2019, Analisi Gara – Bottas e la Mercedes volano. Ferrari, risveglio amarissimo

L’Albert Park ha vissuto l’alba del Mondiale 2019, il 70° nella storia. Come sempre è presto per trarre conclusioni, ma ci sono vari elementi che vanno analizzati. Innanzitutto una Mercedes che, atipicità del circuito australiano a parte, ha fatto spavento, condotta in modo magistrale da un Valtteri Bottas alla 4° vittoria in carriera, che da paga a tutti, Lewis Hamilton compreso, il quale comunque completa la doppietta di un team di Brackley pigliatutto. Spazza via i dubbi della vigilia la Red Bull che, con Max Verstappen, trova subito il podio, primo per Honda dopo quasi 11 anni. Chi esce con le ossa non rotte, di più, da Melbourne è sicuramente la Ferrari, che rimedia una scoppola ‘esagerata’, che imporrà riflessioni e capacità di reagire sin dall’immediato. Come prevedibile molto serrata la lotta a centro gruppo, con tanti piloti molto vicini tra loro e Kevin Magnussen a chiudere con un solidissimo 6° posto e la palma di ‘primo degli altri’.

Valtteri Bottas taglia meritatamente da vincitore il traguardo del Gran Premio d’Australia 2019 (foto da: youtube.com)

MERCEDES, BOTTAS CHE SORPRESA! HAMILTON SI ACCONTENTA

Dopo un 2018 davvero difficile, primo pilota Mercedes nell’era ibrida a chiudere una stagione senza vittorie, e con tanto lavoro ‘sporco’, a tratti anche mortificante, per aiutare la causa del team e di Lewis Hamilton, Valtteri Bottas si prende una gran rivincita (ovviamente parziale), spadroneggiando letteralmente all’Albert Park, dando una dimostrazione di forza tanto inattesa quanto netta. Dopo i vari turni di prove, ci si attendeva in effetti che fosse Hamilton a recitare questo ruolo. Sin dal semaforo verde, però, è stato il finlandese a prendere in mano il pallino della gara, superando subito il britannico e, dopo qualche giro d’attesa, imprimendo un ritmo davvero impossibile da tenere per chiunque. Una sfilza di passaggi record, culminata con il giro più veloce della gara (1:25.580) ottenuto alla penultima tornata.

La festa del box Mercedes dopo la doppietta con cui hanno inaugurato il Mondiale 2019 (foto da: twitter.com/MercedesAMGF1)

Un Bottas rinfrancato dunque, che lascia l’Australia a bottino pieno, così come la Mercedes. Evidente pretattica della vigilia a parte, il team di Brackley ha nuovamente fatto la parte del leone, con una W10 che si preannuncia come l’ennesimo spauracchio per gli avversari. A mancare, se proprio così dobbiamo dire, è stato Lewis che, persa la prima posizione al via, ha poi badato a portare a casa la doppietta, gestendo anche una strategia errata del muretto Mercedes (ex post inutile andare a coprire il tentativo di undercut della Ferrari con Vettel), che gli ha fatto piombare addosso nell’ultima fase di gara un cliente scomodo come Max Verstappen; pur se, a dire il vero, non è che la RB15 #33 sia mai stata davvero vicina alla Mercedes #44. In definitiva, la Mercedes è lì davanti. E sarà dura scalzarla.

RED BULL-HONDA, L’ESORDIO E’ CONVINCENTE. VERSTAPPEN C’E’, GASLY ANCORA NO

Probabilmente, dopo le perplessità cominciate sin dal momento dell’annuncio ufficiale, non poteva esserci esordio migliore per il binomio Red Bull-Honda. A Melbourne, con una gara molto consistente, Max Verstappen porta a casa un gran podio, il primo dell’era ibrida per la Honda, che torna in top-3 a fine gara al termine di un digiuno che era cominciato dal Gran Premio di Gran Bretagna 2008, quando Rubens Barrichello chiuse 3°. Una RB15 che ha mostrato doti molto interessanti, coadiuvata da un propulsore che sembra aver fatto passi da gigante. Un Verstappen che, dopo l’ottima qualifica, meno irruento del solito ed accorto al via, è bravo a gestire le Soft nel primo stint, per poi andare all’attacco di un Vettel in difficoltà a cavallo di metà gara, operando un sorpasso di potenza all’esterno della staccata di curva 3 nel giro 31.

Comincia bene il 2019 di Max Verstappen e della Red Bull. A Melbourne, l’olandese ha colto un bel 3° posto, primo podio Honda dal 2008 (foto da: twitter.com/redbullracing)

Un Max che non si accontenta e, forse quasi incredulo, in pochi giri riesce a portarsi nelle vicinanze di Lewis Hamilton. Purtroppo per lo spettacolo non si concretizzerà nemmeno una parvenza di tentativo da parte dell’olandese, anche a causa di un suo lungo in curva 1 quando mancavano nove giri al termine. Ma tant’è. Chi non ha convinto è stato Pierre Gasly. Protagonista sfortunato delle qualifiche, con un’eliminazione in Q1 frutto più di un’errata valutazione del muretto Red Bull, in gara il giovane francese ha vissuto come una sorta di incubo la vicinanza di Daniil Kvyat, vero muro invalicabile a Melbourne, che costringe l’ex Toro Rosso ad un indigesto 11° posto finale. Da rivalutare dunque Gasly, soprattutto su una pista, quella del Sakhir, che gli disse un gran bene lo scorso anno.

FERRARI, IL DEBUTTO E’ UN DISASTRO. VETTEL E LECLERC QUASI AD 1′

E’ stata un’alba ben poco rossa quella della Ferrari in Australia. Anzi, a dirla tutta è stata una doccia freddissima, un risveglio talmente brusco da aver lasciato tutti di stucco, in apparenza anche quei ‘burloni’ degli avversari del Cavallino. Sebastian Vettel e Charles Leclerc hanno chiuso con un mestissimo 4° e 5° posto, beccando sotto la bandiera scacchi un’enormità, ovvero +57.1 e +58.2 secondi. Ma com’è stato possibile? Non doveva essere la SF90 la favorita del Mondiale? Evidentemente, almeno in questa prova inaugurale, non è stato per niente così. Le avvisaglie, d’altronde, c’erano state sin dalle PL2, replicate poi in Qualifica, dove sostanzialmente Vettel ha beccato il gap dello scorso anno (+0.704 a fronte dei +0.674 del 2018), mentre Leclerc non ha brillato, finendo dietro anche a Verstappen. La differenza di base è stata che, mentre lo scorso anno la gran parte del gap veniva accumulata nel T1, sabato la perdita di prestazione nei riguardi della W10 #44 è stata praticamente costante ovunque.

Sebastian Vettel e Charles Leclerc hanno vissuto un debutto stagionale estremamente difficile in quel di Melbourne (foto da: twitter.com/ScuderiaFerrari)

In gara è stata una débacle senza se e senza ma. Al via si sfiora il patatrac, con Leclerc che quasi affianca Vettel tra esterno di curva 1 ed interno di curva 2; avendo mezza macchina sull’erba, il monegasco saggiamente decide di alzare il piede, perdendo però così la posizione guardagnata pochi metri prima su Verstappen. La prima fase di gara è alquanto illusoria. Mentre Charles fatica nel trovare ritmo, pagando anche un’escursione in curva 1, Vettel riesce bene o male a rimanere nelle vicinanze di Hamilton, tenendo dietro facilmente la Red Bull. Quando in Ferrari, sbagliando, decidono di anticipare il pit per provare un improbabile undercut su Lewis (giro 14), il gap dal britannico era di ‘soli’ 3″. La mossa si rivela sbagliata, poiché entrambi, sia Seb che il rivale, faticano nel far funzionare le gialle, mentre in compenso Valtteri (soprattutto), Max e Charles hanno ben pochi problemi nell’allungare la vita degli pneumatici Soft. In questa fase, comunque, il tedesco riesce a restar molto vicino al britannico.

La situazione cambia con l’avvicinarsi di metà gara, quasi in contemporanea con i pit dei primi tre. Sebastian comincia a perdere terreno in maniera sempre più consistente, al punto che in breve Verstappen, che aveva pittato al giro 25, riprende e supera pressoché di slancio il ferrarista. Qui, sostanzialmente, la gara di Seb finisce, per trasformarsi in un ‘lento’ peregrinaggio per il circuito aussie. Le velocità di punta, già sotto il minimo sindacale per tutto il weekend, diventano a dir poco ridicole (anche 20 km/h di media in alcuni giri rispetto ai motorizzati Honda, una decina di media con i Mercedes), con uno smarrito Vettel che chiede lumi ai box sul perché sia così lento. Leclerc intanto, dopo aver montato le Hard al pit stop, va decisamente meglio, girando a lungo più lento solo di Bottas. Il monegasco ci mette il giusto nel recuperare sul compagno di box in grossa difficoltà, raggiungendolo attorno ai -10.

La fotografia del Gran Premio d’Australia 2019 della Ferrari: Max Verstappen supera con grande facilità un Vettel in grande affanno, per la 3° posizione (foto da: twitter.com)

Il muretto, però, decide di congelare le posizioni. Decisione a mio modo condivisibile (inutile, checché se ne dica, la soluzione contraria); ciò che meno si è capito è il perché non si è provato a far fare un pit ulteriore a Leclerc, in modo da andare a caccia del giro record. Comunque, detto ciò, la situazione della Ferrari lascia perplessi. Sicuramente a provocare tutta questa situazione, diametralmente opposta a quella dipinta dopo i test, è stato un mix di fattori, ripartiti tra problemi di setup, che a pioggia hanno portato guai nella gestione e sfruttamento degli pneumatici, e affanni a livello di power unit. Checché ne dicano squadra e piloti, il gap prestazionale in termini di propulsore è stato troppo accentuato per non pensare a mappature ben più conservative dei competitors e, a monte, tornare ai problemi di affidabilità patiti nella seconda settimana di test a Barcellona, insieme anche a Haas ed Alfa Romeo. In Ferrari spiegano di sapere dove intervenire e che quelle mostrate ieri non erano nemmeno lontanamente le prestazioni reali della monoposto. Una pista ‘vera’ come il Sakhir dovrebbe riportare le cose al suo posto, ma di certezze, in questa fase, proprio non se ne trovano.

GLI ALTRI: A PUNTI MAGNUSSEN, HULKENBERG, RAIKKONEN, STROLL E KVYAT. GIOVINAZZI 15°, WILLIAMS DISPERSE

Giornata dolceamara per la Haas, la migliore del pacchetto di mischia di centro gruppo. Se da un lato Kevin Magnussen può festeggiare un buonissimo 6° posto (ultimo dei non doppiati tra l’altro), frutto di una condotta di gara molto solida e concreta, dall’altro Romain Grosjean, in uno sgradito déjà vu di un anno fa, vede sfumare un risultato a sua volta positivo a causa di un problema all’anteriore sinistra, che già gli aveva provocato problemi in occasione del pit stop. Non lancia presagi esattamente confortanti la Renault, che sembra bene o male ai livelli del 2018. Se la gara di Daniel Ricciardo è finita praticamente subito, perdendo l’ala anteriore su un dosso colpito al via dopo aver allargato troppo la traiettoria, nella speranza di trovare varchi (il ritiro arriva al giro 29), Nico Hulkenberg ha sfoderato una prestazione delle sue, portando a casa un 7° posto comunque non da buttare.

Kevin Magnussen e la Haas hanno convinto nel debutto stagionale di Melbourne. Il danese è stato il ‘migliore degli altri’, chiudendo 6° e ultimo dei non doppiati (foto da: twitter.com/HaasF1Team)

Buono l’esordio in Alfa Romeo per Kimi Raikkonen. L’ex Ferrarista è autore anche lui di una gara solida, conclusa con un 8° posto a ridosso del tedesco della Renault, tenendo a bada senza particolari patemi un gruppetto che, in 3 secondi, ha visto ammassati cinque piloti. Sorridono Lance Stroll, subito a punti con la Racing Point (9°), così come un Daniil Kvyat (10°) con il dente ‘leggermente’ avvelenato, capace di diventare un incubo per Gasly, tenendolo dietro fino alla bandiera scacchi. Delusione in casa McLaren. Lando Norris (12°), dopo il gran risultato delle qualifiche, viene danneggiato da un pit non perfetto e da troppi giri passati dietro ad un Giovinazzi più lento; ancora peggio è andata a Carlos Sainz, ritirato dopo 9 giri con il propulsore in fiamme. Fuori dai punti anche Sergio Perez ed Alexander Albon, rispettivamente 13° e 14°, così come il nostro Antonio Giovinazzi, 15° dopo una gara resa complicata dall’essere passato sui detriti di Ricciardo al via. Male come da previsioni le Williams: George Russell (16°) si becca due giri (uno dal Giovi); Robert Kubica (17°) ben tre, anche se si è dovuto fermare subito per un contatto in uscita di curva 2, che aveva fatto saltar via l’ala anteriore.

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