F1 2018 GP Stati Uniti, Analisi Gara – Il capolavoro di Iceman

Una gara, quella di Austin, che resterà nella mente e nei cuori dei tifosi ferraristi molto, molto a lungo. La 50.esima edizione del Gran Premio degli Stati Uniti ha tenuto fede ad una ricorrenza così importante, con una domenica colma di emozioni, culminate nel ritorno alla vittoria dopo cinque anni e mezzo (nove riguardo la Ferrari) di Kimi Raikkonen, che regala a sé e ai ferraristi un commiato di altissimo valore. Una prestazione d’altri tempi, con la quale si è difeso nel finale dall’arrembaggio di un bravissimo Max Verstappen e di Lewis Hamilton, che vede così rinviata di una settimana la festa iridata. Non sorride però Sebastian Vettel, 4° dopo l’ennesima gara di rimonta in seguito all’ennesimo contatto, giungendo davanti ad un Valtteri Bottas nuovamente sacrificato alla causa. Gran gara delle Renault che, in seguito anche alla squalifica di Kevin Magnussen (con lui anche Esteban Ocon), vedono ormai il 4° posto Costruttori.

Dopo oltre cinque anni e mezzo (nove con la Ferrari), Kimi Raikkonen è tornato sul gradino più alto del podio, imponendosi ad Austin (foto da: youtube.com)

FERRARI, KIMI FOR THE AGES! VETTEL RIMANDATO

Il digiuno di Kimi durava da tanto, troppo tempo. Erano 113 le gare d’astinenza in generale (Melbourne 2013 con la Lotus), 139 quelle con le quali l’inno finlandese non si combinava con l’inno di Mameli (Spa 2009). Ere geologiche praticamente, per un pilota a sé stante nel panorama attuale della Formula 1, spesso criticato, ma amatissimo dai tifosi di tutto il mondo, non solo ferraristi (andate a sentirvi il boato del pubblico di Austin al momento del podio). Una vittoria, la 21.esima in carriera (10° in Ferrari), che lo rende il finnico più vincente di sempre (staccato Mika Hakkinen); una vittoria, nell’11.esimo anniversario della vittoria del titolo 2007, tra le più belle e sofferte in assoluto di Iceman, frutto di un concentrato di bravura, gestione e sangue freddo. Una sorta di lascito.

L’inchino di Kimi Raikkonen sul podio di Austin, al termine dell’Inno di Mameli. Meritava davvero una soddisfazione simile prima di lasciare la Ferrari Iceman! (foto da: twitter.com/F1)

Sin dal via, Kimi comincia a costruire il suo capolavoro. Erano 33 gare che non riusciva a guadagnare posizioni al via; ci è riuscito ieri, con grinta e determinazione, infilando all’interno Lewis e provando subito a creare il gap. Alle sue spalle, Vettel prima esce largo in curva 1, poi attacca e passa Ricciardo in fondo al dritto; un errore in staccata, però, permette all’australiano di affiancarlo nuovamente e, in curva 13, un pur leggerissimo contatto basta per mandare in testacoda (l’ennesimo di questa fase di stagione) la rossa #5, costringendo il tedesco a ripartire dalla 15° posizione. Davanti, Kimi comincia a lamentare problemi con le Supersoft già dal 5° giro, ma Lewis è per il momento a distanza di sicurezza. Quando il ritiro di Ricciardo porta alla Virtual Safety Car, Raikkonen finge di rientrare, cosa che fa Lewis, passando alle Soft; Vettel al 12° giro è 5°.

Dopo la ripartenza, mentre Raikkonen è impegnato a gestire al meglio le sue Pirelli, Hamilton risale di gran carriera, sbattendo però contro il muro eretto dal ferrarista. Un capolavoro di difesa con pneumatici usurati e decisamente più lenti, che costa almeno 5-6 secondi al britannico; prima di subire il sorpasso, Kimi rientra (giro 21), montando anche lui le Soft, e rientrando alle spalle di Vettel, che lo lascia passare al giro 24. In questo momento, il ritardo di Kimi dalla vetta è superiore ai 17 secondi, mentre Seb, forse tenuto in pista un pò troppo a lungo, rientra al giro 26, ad oltre 40″ da Hamilton. La gara sembra tornata in mano all’inglese, ma in pochi giri il blistering che compare sulle posteriori della Mercedes #44 ribalta tutto. Kimi, seguito da Verstappen, comincia a guadagnare secondi su secondi; ancor di più, è Seb a risalire di forza, recuperando in alcuni giri anche 2.5 secondi, finendo per portarsi quasi nella finestra del pit di Lewis.

Il momento nel quale Kimi taglia il traguardo ad Austin ed interrompe un digiuno che pareva destinato a non aver mai fine (foto da: twitter.com/F1)

Con il rischio di vedersi piombare addosso gli inseguitori, ma ancor di più con la certezza che gli pneumatici erano ormai andati, Lewis si ferma ancora al giro 37, con Kimi che torna davanti. L’ultima fase di gara è da vera e propria apnea, soprattutto quando un Hamilton nuovamente veloce si riporta sui primi due con facilità. Il sorpasso, un’altra occasione che sta sfuggendo di mano, sembra ormai inevitabile, con Raikkonen che deve fronteggiare un pilota pericolosissimo come Verstappen e il quasi 5 volte Campione del Mondo, tornato ad essere il favorito. Ma il nostro non ha esitazioni, resiste e, con glaciale freddezza, gestisce tutto al meglio, portando a casa la tanto sospirata vittoria. Vettel, invece, ai -2 si libera di Bottas, chiudendo 4°.

Una vittoria, la sesta stagionale, che serviva come il pane alla Scuderia. Così com’era fondamentale ritrovare una prestazione degna di questo nome e di gran parte della stagione. Un’iniezione di morale che non può che far bene, e spingere a dare il massimo per preparare un 2019 all’attacco. Ma la Ferrari deve anche e soprattutto recuperare psicologicamente Sebastian Vettel. Dalla penalità (fiscale) per il mancato rallentamento in PL1 in regime di bandiera rossa, al contatto con Ricciardo nelle primissime fasi. Seb nel post gara ha ammesso il periodo difficile vissuto (su Sky hanno paventato anche di problemi extra-F1), ma sa che può e deve uscirne. Ritrovare una Ferrari competitiva al massimo, e possibilmente una vittoria da qui alla fine, potrà aiutare, e tanto. Non per il Mondiale s’intende; i 70 punti a tre gare dalla fine sono ben più di una sentenza, mentre qualcosina si potrebbe provare a fare in ottica Costruttori, dati i 66 punti che separano Ferrari e Mercedes.

Un’immagine dalla significativa forza espressiva. Sebastian Vettel scruta Kimi Raikkonen durante le interviste di rito pre podio. Uno sguardo che è tutto un programma, dopo un’altra gara andata non come previsto (foto da: reddit.com)

MERCEDES, LA FESTA DI LEWIS E’ SOLO RIMANDATA. MA QUEI FORI ‘TAPPATI’…

Non il weekend che Lewis Hamilton e la Mercedes si aspettavano. Sembrava tutto apparecchiato per la festa del quinto iride del nativo di Stevenage ad Austin, ancor di più dopo delle libere del venerdì dove, seppur sul bagnato, il #44 sembrava in stato di grazia (come spesso quest’anno). La pole, seppur di misura, era lì ad indicare un Lewis favorito, su una pista sulla quale era reduce da quattro successi in fila. Ma non è andata così. In primis per un sorprendente Raikkonen per i motivi di cui sopra, poi per un coriaceo (ma corretto, stavolta) Max Verstappen, bravissimo nel difendere una posizione, con un Lewis comunque attento a non combinare disastri.

Lewis Hamilton mostra il trofeo del 3° classificato sul podio di Austin. Il britannico dovrà attendere almeno il Messico per festeggiare il 5° titolo (foto da: twitter.com/MercedesAMGF1)

Alla Mercedes è mancato quello che era diventato il punto di forza delle ultime settimane, ovvero la gestione degli pneumatici. Sarà per la pioggia di venerdì (ma tutti erano nelle stesse condizioni); oppure, come avanzano altri, la questione dei fori nei mozzi che sarebbero stati tappati dal team su indicazione degli steward, i quali, in un primo tempo, li avevano dichiarato ‘parzialmente illegali’, in base ad un limitato beneficio aerodinamico. Sospetto accentuato dal fatto che, di punto in bianco (e con 30 C° sull’asfalto), il problema del blistering è riesploso con virulenza sulle W09.

Hamilton ne ha sofferto in maniera molto chiara nella fase centrale, anche a causa del fatto che, con tutta probabilità, l’inglese ha spinto troppo nei giri successivi al primo pit, costretto poi giocoforza ad una seconda sosta, senza la quale con tutta sicurezza non avrebbe visto il traguardo. Ma anche Bottas, seppur su una sosta, ne ha sofferto, arrivando nel finale con le gomme più che finite (oltre che pagando i due rallentamenti per lasciar strada al capitano). Fatto sta che in Texas non si è vista la Mercedes brillante delle ultime uscite, e Hamilton si è dovuto accontentare del 3° posto, facendo comunque buon viso a cattivo gioco, grazie al +70 su Vettel. In Messico, con Seb eventuale vincitore, a Lewis basterà un 7° posto.

Lewis Hamilton saluta il pubblico durante la driver’s parade che ha preceduto il Gran Premio degli Stati Uniti (foto da: twitter.com/MercedesAMGF1)

Tornando alla questione mozzi, in attesa di comunicazioni ufficiali, il Messico ci servirà una soluzione in grado di capire se quanto avvenuto al COTA sia un episodio, dovuto semplicemente ad un set-up errato o casomai poco affinato, o se invece il tutto si ripeterà. Nel qual caso, più di qualche dubbio su quanto successo da Monza in poi sorgerebbe. E a ben donde. Premesso che molto difficilmente ci sarebbero gli estremi per sanzioni retroattive, avendo la FIA avallato in un primo momento la soluzione Mercedes (che poi, a mio parere, rappresenta solo una parte del problema), la credibilità di chi dovrebbe controllare il rispetto dei regolamenti in Formula 1 andrebbe ancora una volta, l’ennesima, a farsi benedire.

RED BULL, VERSTAPPEN DA URLO! RICCIARDO URLA E BASTA… DI RABBIA

Gara dai due volti in casa Red Bull. Una domenica partita con poche pretese, a causa da una parte del grande gap accusato in qualifica dai migliori, dall’altra dall’errore che ha relegato Verstappen in 18° posizione di partenza. Proprio l’olandese, però, ha smentito tutto, sfoderando una prestazione davvero superba. Bravo (e anche un pò fortunato) nell’evitare il caos delle prime curve, Mad Max aveva già completato metà rimonta in un solo giro (9°), per poi ritrovarsi 5° al termine del 7° passaggio. Nel mentre, Ricciardo vede vanificati i suoi sforzi per l’ennesima volta da un guaio tecnico (stavolta la batteria), causandogli il 7° ritiro stagionale.

Max Verstappen beve lo champagne sul podio di Austin. L’olandese è stato protagonista di una grandissima rimonta dalla 18° alla 2° posizione (foto da: twitter.com/redbullracing)

Ma torniamo a Verstappen, per la cui gara diventa fondamentale la strategia impostata dal muretto. Partito con la Soft, al 22° giro Max rientra e passa alle Supersoft; una mossa che, grazie ad un ottimo outlap, gli permette l’undercut su Bottas. Dopo aver passato Vettel, l’olandese comincia a seguire a distanza Raikkonen, mostrando anche lui un ottimo passo e seguendo il ferrarista nel recupero su Hamilton. Trovatosi 2° dopo il pit dell’inglese, Max gestisce benissimo le Pirelli rosse e, pressato da Lewis, chiude il gap con Raikkonen. Nonostante il DRS, però, Max non riesce mai ad impensierire il 39enne finlandese, dovendo anzi difendersi da Lewis ai -3 quando, dopo un lungo in curva 12, l’olandese s’ingarella con il britannico fino a curva 17-18, tenendo duro e salvando la posizione. Una gara davvero da applausi per Verstappen. 

GLI ALTRI: SORRIDE LA RENAULT, OCON E MAGNUSSEN SQUALIFICATI. ALONSO FURIOSO

Passiamo agli altri. Gli States sorridono certamente ai Renault, che lasciano il Texas con un 6° ed un 7° posto, con Nico Hulkenberg davanti a Carlos Sainz. Un risultato fondamentale in ottica 4° posto Costruttori, vista la domenica da dimenticare per la Haas che, nella gara di casa, vede Romain Grosjean subito out dopo aver centrato Charles Leclerc, mancando la staccata in curva 12, mentre Kevin Magnussen, 9° all’arrivo, è stato squalificato perché il consumo di carburante durante la gara ha ecceduto i 105 kg consentiti. Una situazione che vede adesso la Casa della Losanga a +22 sul team di Gene Haas. Stessa sorte è toccata ad Esteban Ocon, 8° ma squalificato nel suo caso perché il flusso di carburante nel corso del primo giro ha superato i 100 kg/hr. Ad usufruirne è stato in primis Sergio Perez, autore di una gara senza particolari spunti e passato dalla 10° all’8° posizione.

Grazie alla squalifica del duo Magnussen-Ocon entrano in zona punti anche Brendon Hartley e Marcus Ericsson. Per il neozelandese si tratta del miglior risultato in carriera, che permette alla Toro Rosso di tornare a realizzare punti come non accadeva da Spa. Anche lo svedese mancava in top-10 dal Belgio, e sale a quota 7 in classifica, avvicinando il suo massimo in carriera (9 punti nel 2015). Andiamo oltre, subito fuori dai punti è arrivato Stoffel Vandoorne (11°), al miglior risultato dal weekend di Silverstone (anche lì 11°, mentre i punti mancano da Baku), precedendo Pierre Gasly (12°) e le due Williams di Sergey Sirotkin (13°) e Lance Stroll (14°). Proprio il canadese è stato bersaglio degli strali di un furioso Fernando Alonso, centrato malamente dal pilota Williams in pieno Snake nel corso del primo giro.

L’ultimo back-to-back della stagione si completa questo weekend, con il Gran Premio del Messico, all’Hermanos Rodriguez di Città del Messico.

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