Tempi duri per la Fifa, che non deve soltanto preoccuparsi della questione sicurezza per i Mondiali deve fronteggiare un’inchiesta che vede coinvolto Gianni Infantino, attuale presidente della Uefa che al momento del “presunto” reato era soltanto il segretario generale.
In Turchia, sei anni fa, accadde una situazione addirittura più grave dell’italiana Calciopoli. Il Fenerbahce aveva vinto il campionato 2011 “truccando” diverse partite e la retata aveva portato a decine di arresti, 16 società coinvolte e oltre 90 tesserati implicati. Una specie di Caporetto insomma, che rischiava di trasformare radicalmente il panorama calcistico turco.
Invece non accadde nulla, ci fu un’amnistia totale senza penalizzazione e retrocessioni. A distanza di anni emergono alcune lettere tra Infantino e Ebru Köksal, segretaria generale della Federcalcio di Istanbul, in cui la Turchia sondava la possibilità di salvare squadre e tesserati. A quel tempo, la federazione turca era scissa fra i colpevolisti che volevano rifondare il sistema e i garantisti che non volevano assistere alla rifondazione del calcio turco.
Infantino scelse di non scegliere e delegò alla federazione di applicare i loro regolamenti e di punire i reati “secondo coscienza”. Una lavata di mani alla Ponzio Pilato insomma che ha mandato su tutte le furie il Trabzonspor, che da più di sei anni spedisce lettere e ricorsi alla Uefa per ottenere lo scudetto vinto in maniera fraudolenta dal Fenerbahce.
Il vaso di Pandora è scoperto e ora la Fifa dovrà accertare il comportamento dell’allora segretario. A differenza della Juventus infatti, il Fenerbahce fu “salvato” dalla retrocessione e ad oggi continua a vedersi assegnato quello scudetto.
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