17 giugno 2001: il cielo è giallorosso sopra Roma

Era il 17 giugno del 2001. Sono passati, ormai, 16 anni esatti da quella data. Dalla data che rimarrà per sempre nella memoria e nei cuori di tutti i tifosi romanisti. Dopo una cavalcata trionfale la squadra allenata da Fabio Capello si laurea Campione d’Italia per la terza volta nella sua storia. 

Gabriel Omar Batistuta, Vincenzo Montella e Francesco Totti

Era tanto l’entusiasmo in casa giallorossa già dall’estate del 2000: la quotazione in borsa (la seconda società in Italia dopo i cugini della Lazio) e la faraonica campagna acquisti con un valido e mirato innesto per reparto. Samuel in difesa, Emerson a centrocampo e soprattutto il Re dei bomber, Gabriel Omar Batistuta in attacco.

Il malcontento dei tifosi, però, non tardò a farsi sentire, quando a settembre ci fu la precoce eliminazione in Coppa Italia per mano dell’Atalanta. Sembrava, dunque, un’altra stagione da alti e bassi, l’ennesima. Ma quell’anno il destino aveva già deciso, e aveva deciso che il tricolore dopo 18 anni sarebbe ritornato a Roma, sponda giallorossa.

Il 1°ottobre si dà il via al Campionato e alla sesta giornata la Roma si porta in testa, fino ad arrivare alla decima, in cui sono 6 i punti di vantaggio sulla rivale Juventus. Il distacco tra le due rimane invariato alla 12esima giornata quando bianconeri e giallorossi si incontrano allo Stadio Olimpico di Roma, dividendosi la posta in palio. Distanza che aumenta ad 8 punti appena la giornata successiva, quando la Juve viene fermata sul pari dalla Fiorentina.

 

Dopo appena due giornate però, la Vecchia Signora recupera 5 punti approfittando dei passi falsi della Roma con Bari e Milan e si porta a sole tre lunghezze dagli uomini di Fabio Capello. I giallorossi chiuderanno comunque il girone d’andata in testa di 6 punti sulla coppia Juventus-Lazio e si proclameranno Campioni d’inverno. Il distacco, poi, aumenterà fino a 9 punti alla settima giornata di ritorno.

Si giunge così al 6 maggio, data in cui si gioca a Torino il match-clou dell’anno, la sfida per eccellenza, quella che può confermare o invertire le sorti del Campionato. La gara termina 2-2 e i punti di distacco tra le due squadre rimangono 6. Proprio come 6 maggio. Sembrava tutto perso per la Roma, dopo che i bianconeri si erano portati avanti di due gol tra le mura amiche. Ma quell’anno il destino aveva già deciso tutto e niente e nessuno gli si poteva opporre. Aveva anche deciso che un giocatore venuto dal lontano Oriente si alzasse dalla panchina e cambiasse le sorti della partita: Hidetoshi Nakata. Il giapponese diede il via alla rimonta giallorossa, che si concretizzerà in pieno recupero con il gol dell’ “Aeroplanino Montella

Juventus-Roma 2-2. Esultanza di Vincenzo Montella

Nelle gare successive la Roma continua la sua marcia vincente ma la Juve tiene il passo. Fino alla 32esima giornata quando i bianconeri riducono a 4 i punti di distacco dai capitolini, approfittando del pari della Roma col Milan. Il primo match-point per gli uomini di Capello si gioca il 10 giugno al San Paolo di Napoli, con i partenopei ormai già retrocessi. Ma non è ancora la data giusta per la Roma che vuole vincere quello scudetto davanti al proprio pubblico. La partita del San Paolo termina 2-2 e la Juventus, vincendo a Vicenza, continua a sperare assottigliando a soli 2 punti il distacco dalla prima in classifica.

Si arriva così all’ultima giornata, al 17 giugno, a Roma-Parma, al giorno in cui soltanto la Roma può perdere questo scudetto. E alle 17 del giorno 17 la classifica della Serie A recita così: Roma 75, Juventus 73. Roma Campione d’Italia. Con i gol di Totti, Montella e Batistuta la squadra giallorossa vince il terzo scudetto della sua storia. E l’Olimpico può finalmente esplodere.

 

ROMA CAMPIONE D’ITALIA – I PROTAGONISTI

Tutti in casa giallorossa hanno contribuito alla conquista del terzo tricolore: Vincenzo Montella, Marco Delvecchio, Emerson, Cristiano Zanetti, Marcos Assuncao, Francesco Antonioli, Damiano Tommasi, Jonathan Zebina, Eusebio Di Francesco, Marco Amelia, Gaetano D’Agostino, Abel Balbo, Cristiano Lupatelli, Alessandro Rinaldi, Gianni Guigou, Amedeo Mangone. Ma alcuni protagonisti meritano una menzione particolare per le emozioni che hanno regalato in campo e per aver messo la loro firma indelebile sul terzo scudetto romanista. 

MARCOS CAFU’ – Il “Pendolino” è stato protagonista di un Campionato ai limiti dell’umano. Impossibile descrivere in poche righe quello che il brasiliano ha fatto quell’anno; ci piace tra tutto ricordare il “sombrero” a Pavel Nedved nel derby d’andata, che ancora oggi farà venire gli incubi all’ex laziale. 
ZAGO – Protagonista di un’annata eccezionale, ha costruito insieme ai suoi compagni di reparto un muro difficilmente valicabile.

ALDAIR – Nonostante qualche acciacco di troppo, dopo aver vestito la maglia giallorossa per 10 stagioni riesce finalmente a vincere il tricolore al suo undicesimo tentativo. Un’istituzione il brasiliano. Romanista come pochi, aveva la maglia giallorossa cucita addosso. Se quello scudetto dovesse essere rappresentato da una foto, forse, una delle più emblematiche sarebbe proprio quella degli occhi di Pluto Aldair, che faticava a trattenere le lacrime durante i festeggiamenti.

Marcos Cafu

HIDETOSHI NAKATA – Il primo giapponese arrivato nel calcio italiano; con il suo gol a Torino ha segnato uno dei momenti decisivi della stagione.
WALTER SAMUEL – Il 22enne argentino diventato per tutti The Wall non a caso, dalle sue parti non passava niente e nessuno.
VINCENT CANDELA – Dopo 32 presenze consecutive salta solo una partita per squalifica, rientrando poi nell’ultima, quella del trionfo, per fornire l’assist al gol di Francesco Totti. La fascia sinistra dello scudetto è la sua, e da allora la Roma è ancora alla ricerca di un degno sostituto del francese.

GABRIEL OMAR BATISTUTA – Il Re Leone da 20 reti in Campionato, nonostante un ginocchio che lo tormenta per tutta la stagione. Il bomber per eccellenza, quello comprato per segnare e per vincere. E ci riesce al primo tentativo. Sui campi di Serie A non si vedrà più un centravanti così travolgente e dalla personalità così magnetica e carismatica. Capace di essere “cattivo” e “spietato”, ma allo stesso tempo di piangere dopo un suo gol all’amata Fiorentina.

E poi il Capitano, FRANCESCO TOTTI, che si carica la squadra sulle spalle e la porta alla conquista di un titolo atteso nella Capitale da 18 anni. E’ il suo scudetto. Ed era inevitabile che mettesse la sua firma indelebile in quel Roma-Parma, nella giornata del trionfo. Quel 17 giugno del 2001 il suo sogno di bambino si avvera: vincere il tricolore con la maglia che ama. Da allora il numero 10 – che solo quest’anno ha detto addio alla maglia giallorossa – non ne vincerà più. Motivo per cui quello conquistato nel 2001 ha un valore ancora più importante, perché è il tricolore vinto dal calciatore più rappresentativo della storia della Roma. Dall’eterno Capitano.

Francesco Totti

Senza ovviamente dimenticare FABIO CAPELLO: dopo di lui nessuno è riuscito a vincere il tricolore a Roma e prima di lui soltanto Alfred Schaffer (1941-42), l’ungherese che poi nel 1945 a 51 anni morì in battaglia, in un campo molto diverso da quello di calcio; e nel 1983-84 Niels Liedholm, il “Barone” che aveva in squadra il “DivinoFalcao. Un ungherese, uno svedese e poi appunto Fabio Capello, l’uomo a cui piaceva imporsi e comandare anche sui suoi stessi calciatori. Un giorno durante Lecce-Roma, Batistuta si avvicinò alla panchina dopo circa un quarto d’ora di gioco: “Mister devo uscire, mi fa male il ginocchio. Mi cambi“. La risposta immediata e perentoria del friulano: “No, rimani in campo“. “Ma Mister sento dolore, mi fa male” – la replica del Re Leone. “Adesso tu rimani in campo. Mi servi lì davanti” – la sentenza definitiva di Don Fabio. Batistuta resta in campo e la Roma vince 4-1 con una sua doppietta. In questo aneddoto c’è tutta l’essenza di Capello e il suo apporto fondamentale per la conquista del tricolore.

Circo Massimo

Quel 17 giugno del 2001 l’Olimpico impazzisce di gioia. E di lacrime. Voci, bandiere che sventolano, cori, striscioni, tutto era tinto di giallo e di rosso. I tifosi erano impazienti, non riuscirono nemmeno ad aspettare il triplice fischio e scesero in campo ancor prima che l’arbitro decretasse la fine del match. La panchina romanista che li fa uscire per la paura di rovinare qualcosa, anche la minima cosa, in quel giorno che doveva essere perfetto. E che è stato perfetto.

Migliaia all’Olimpico e poi un milione al Circo Massimo. Un milione di cuori che battevano all’unisono in quell’estate romana che aveva un sapore particolare rispetto alle altre. Perché si sapeva, forse inconsciamente, che la magicità di quell’estate non si sarebbe rivissuta tanto presto. Da allora nella Capitale si attende ancora di poter rivedere per un’altra estate il cielo tinto di giallo e di rosso. Faceva caldo quel giorno all’Olimpico. C’era il sole. E mica per caso.

 

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