Rudi Voeller, il tedesco volante che ha fatto innamorare la Roma

Hanau è una città dell’Assia, uno stato federale che pulsa nel cuore della Germania. Hanau è una città speciale, che alla fine del diciottesimo secolo ha dato i natali a due fratelli che hanno cambiato la storia della grande Germania: i fratelli Grimm. In Italia li conosciamo perché hanno scritto le favole più famose del mondo, da Hansel e Gretel a Cenerentola, da Cappuccetto Rosso a Biancaneve, ma Jacob e Wilhelm furono decisivi per la lingua tedesca, perché decisero di scrivere le loro opere, che toccavano il cuore di grande e piccoli, con un’unica grande lingua che poi avrebbe unito tutti i vari dialetti che si parlavano in quell’epoca. In qualche modo, unirono un popolo che era diviso. Nel 1960, Hanau, ha dato i natali ad un’altra persona importante per la storia della Germania, seppur in maniera meno decisiva. Ha deciso di fare il calciatore, e dopo 11 anni di carriera professionistica, nel 1987, sceglie la nazione che più ha contrasti con la Germania, che più, nella storia, ha vissuto delle vicissitudini: sceglie l’Italia, sceglie Roma, e nel giro di pochi anni unisce due popoli che mai si erano amati, calcisticamente e non. Questa persona si chiama Rudi Voeller.

rudi voeller giovane

 

Il passo da Hanau ad Offenbach è breve, Rudi comincia a giocare a 20 chilometri da casa, comincia a correre, e a segnare. Nei 4 anni giocati a pochi passi da Francoforte non segna molto, ma si fa notare dai piani alti e nel 1980 approda a Monaco di Baviera. Non al Bayern, però, ma al Monaco 1860. Fa in tempo a giocare la sua stagione d’esordio in Bundesliga e a realizzare 9 reti prima della retrocessione. L’anno dopo però, esplode in Bundesliga 2: 37 reti in 37 partite.

In tutto il paese si parla di questo giovane biondo, centravanti di provincia, letale sotto porta e grande lavoratore, così ad accaparrarsi le sue prestazioni nel 1982 è il Werder Brema. La Germania è ancora divisa da un muro immaginario, lui gioca nella parte occidentale del paese, e il primo anno, la stagione 1982-83 è una vera e propria epifania. Con 23 gol è il capocannoniere e vince il titolo come miglior giocatore della parte occidentale del paese.

rudi voeller

Rudi Voeller viene premiato come miglior giocatore della Germania-Ovest.

 

Per Rudi il 1983 è un anno magico, esordisce in nazionale, e a Tirana, a Marzo, segna il suo primo gol con la maglia della Germania. Il primo di 47, tanti, tantissimi gol. Di anno in anno la sua esperienza cresce, il suo bottino aumenta, ed entra stabilmente nel giro della nazionale, partendo per Euro 1984, giocato in Francia. Non sarà un europeo indimenticabile, ma comunque Rudi Voeller segnerà due reti nella gara con la Romania. 

L’appuntamento più importante della sua fin allora giovane carriera arriva due anni dopo. Il Mondiale torna in Messico, 16 anni dopo Pelè, la Germania-Ovest approda nel Sud america quattro anni dopo la grande delusione del Bernabeu, e del Mundial che tanto noi italiani abbiamo amato. I tedeschi sono sempre i tedeschi, non convincono mai del tutto, ma arrivano fino in fondo, rischiano di uscire con i padroni di casa ai quarti di finale, ma alla fine passano ai rigori, in semifinale vengono trascinati da Voeller, che realizza la rete che chiude la gara contro la Francia al ’90.

Quattro anni dopo, la Germania Ovest è ancora in Finale, ma impatta contro l’aquilone cosmico, Diego Armando Maradona, che come un deus ex machina porta la sua nazione ad una vittoria insperata. Rudi aveva segnato ancora, un gol dei suoi, che all’80’ aveva messo in pari la gara, dopo che l’Argentina era andata in vantaggio di due reti. Ma ci pensò Burruchaga a togliere l’ennesimo sogno dagli occhi dei tifosi tedeschi.

Un gol dei suoi, di rapina, ma d’intelligenza.

L’anno dopo i Mondiali ’86 Rudi Voeller continua a giocare nel Werder Brema, segna 22 gol in 30 partite, ma decide di andar via nell’estate del 1987. Su di lui c’è mezza Europa, perché i gol che ha fatto sono tanti, e si è fatto notare nell’appuntamento internazionale, ma a fare il colpo è il presidente della Roma Dino Viola, che per 5,5 miliardi di lire lo porta nella Capitale italiana. L’acquisto di Rudi Voeller viene accolto come una manna dal cielo (come spesso accade ancora oggi), il suo esordio è da sogno, in casa contro il Cesena realizza la sua prima rete in Italia, sembra l’inizio di una grande favola, simile a quella dei fratelli Grimm, appunto. Ma qualcosa si rompe dopo qualche partita, Rudi si infortuna, e chiude l’annata con 5 gol all’attivo. Una miseria. I tifosi della Roma passano (come spesso accade ancora oggi, di nuovo) dall’esaltazione alla depressione. In estate Rudi bussa alla porta di Dino Viola, vuole tornare a casa, c’è un’offerta dell’Eintracht Francoforte. Il presidentissimo dice no: “Tu resti qui, non vai da nessuna parte.

RINASCITA

La vita è fatta così, piena di sliding doors. Rudi Voeller lavora tutta l’estate per recuperare al meglio dall’infortunio e si presenta all’inizio dell’annata 1988-89 tirato a lucido. La diffidenza lo circonda, ma lui si esalta, si diverte a giocare e ad aiutare i compagni. Raramente, però, si è visto un giocatore così sprecato in una squadra. Dagli spalti dell’Olimpico qualcuno bonariamente dice che gioca quasi da solo, proprio perché ci mette il cuore, e gioca così bene da far giocare bene tutti

Il 31 dicembre 1988, proprio il giorno prima di Capodanno, comincia a segnare nelle gare importanti: si gioca Roma-Napoli, il derby del Sole, e lui segna a 3 minuti dalla fine. Da oggetto misterioso diventa il tedesco volante.

 

Il giorno in cui, però, entra nel cuore dei tifosi della Roma è il 18 marzo 1990. Si gioca il derby, in casa della Lazio, al Flaminio. Ai tifosi giallorossi sono destinati solo 2000 posti, un vero e proprio affronto. I tifosi della Roma si presentano al Flaminio con una maglia con uno smile, e con su scritto “Lazie? No grazie“, sono arrabbiati per il trattamento subito, vogliono vincere.

A farli esultare ci pensa Rudi Voeller, di testa, su cross del Principe Giannini. L’esplosione del settore ospiti è d’altri tempi.

Il pubblico comincia ad amarlo veramente, non solo per i gol (31 in due stagioni dalla rinascita del 1988 al 1990), ma anche per il suo temperamento, il suo carattere mite ma coriaceo. Corre per gli altri, se la squadra perde si carica di responsabilità e dice agli altri che è colpa sua, se la squadra vince e lui segna, è sempre merito degli altri, e mai suo. L’umiltà, il sacrificio, l’amore per la maglia, per i tifosi della Roma, è più importante delle vittorie e del palmarés.

Dopo 4 anni dalla delusione dell’Azteca, il Mondiale si gioca in Italia. Proprio a casa sua, perché in fondo si sta trovando così bene con tutti a Roma, da sentirsi veramente a casa. Con il suo italiano germanizzato non può star antipatico a qualcuno, lega molto con Bruno Conti e Ruggiero Rizzitelli, ma il suo sangue è pur sempre tedesco.

Il cammino dell’ultima Germania Ovest (il muro di Berlino cadrà 3 mesi dopo la fine del Mondiale) è come sempre da grande squadra. Arrivata alla fase ad eliminazione diretta sconfigge l’Olanda per 2-1, ma Rudi viene coinvolto in un brutto episodio: Rijkaard lo colpisce con uno sputo alla nuca, dopo uno scontro di gioco che aveva coinvolto i due. Rudi reagisce solo verbalmente, ma viene espulso. Il cammino verso la finale sembra tuttavia scritto dal destino. Ancora una volta la Germania arriva all’ultimo atto, ed affronta l’Argentina di Maradona, indovinate dove? All’Olimpico di Roma.

L’Italia intera è arrabbiata con Maradona perché nella semifinale di Napoli ha aizzato i tifosi partenopei, e a detta di tutti, ha raffreddato l’ambiente attorno agli azzurri. Così l’Olimpico è una bolgia, quasi tutti tifano Germania Ovest,ed il motivo in più è anche quel ragazzo biondo, con i baffi, e la maglia numero 9.

Com’era prevedibile, la Germania si prende la rivincita, Rudi decide di festeggiare sotto la Sud, che tanto lo ama, tanto lo ha amato, e lo ha acclamato anche quella sera. 

 

L’AMORE AI TEMPI DI CIARRAPICO

Il tedesco volante affronta la stagione arriva, 1990-91, con il morale a mille, e si vede. Trascina la Roma, che nel frattempo è diventata veramente forte, segnando 25 reti in 52 presenze. È capocannoniere praticamente in ogni competizione, ad allenarla è Ottavio Bianchi.

 

La Roma procede in maniera altalenante in campionato ma nelle Coppe vola. A Gennaio del 1991 però un lutto colpisce il popolo giallorosso: Dino Viola, gravemente malato, muore, e lascia la società in mano alla moglie Flora. L’uomo che aveva creduto in Rudi, l’unico, nel momento più difficile, se ne va, e il generoso tedesco vuole onorarlo nel migliore dei modi continuando a fare quello che Viola gli aveva chiesto: segnare.

A fine stagione la Roma vincerà la Coppa Italia contro la Samp, l’unico trofeo in giallorosso per Voeller, e raggiungerà la finale di Coppa Uefa tutta italiana, perdendo contro l’Inter. Nell’immaginario dei tifosi giallorossi, ancora oggi, a quella finale la Roma ci arrivò spinta dai gol di Voeller. 

https://youtu.be/x4imZ93LvBM

Provate a fermare l’immagine a 2 minuti e 17 secondi, guardate chi spunta alle spalle di Ottavio Bianchi, in veste da raccattapalle. 

L’anno dopo tutto è cambiato: la Roma è passata a Ciarrapico, che combinerà un vero disastro, economicamente e sportivamente. Nel frattempo Bianchi non vede più Voeller, lo emargina dalla squadra, nel 1992 con l’arrivo di Boskov l’allontamento del tedesco volante è totale. Viene così ceduto al Marsiglia di Bernard Tapie, una sorta di Berlusconi francese. Rudi segna ancora, ben 24 gol in una stagione molto strana, che porta i francesi alla finale di Monaco di Baviera contro il Milan: in gioco c’è la Champions League. Il Marsiglia vince 1-0 e per Rudi arriva la prima grande gioia europea con la maglia di un club.

voeller marsiglia

Nel frattempo, però, un giocatore del Valenciennes, Glassmann, denuncia un tentativo di corruzione fatto dai dirigenti dell’Olympique. A suo dire, i marsigliesi avrebbero provato a comprare la partita contro il Valenciennes, che si giocava prima della finale di Champions. L’intento dei dirigenti del Marsiglia era quello di presentarsi più riposati all’incontro di Monaco. Dopo quasi un anno dalla vittoria vengono trovati 250.000 franchi sepolti nel giardino di Christophe Robert, giocatore del Valenciennes, appunto. L’UEFA esclude in via preventiva l’Olympique dalla Champions, ripescando il Milan in Coppa Intercontinentale e in Supercoppa Europea. La lega francese manda il Marsiglia in seconda divisione, e Voeller capisce che è ora di tornare a casa.

RUDI IN PANCA

Negli ultimi due anni da calciatore Rudi veste la maglia del Bayer Leverkusen, riuscendo anche a giocare nel mondiale americano del 1994. Nel 1996 lascia il calcio giocato, ma rimane nel giro, e quasi per casualità si trova sulla panchina della nazionale tedesca nel 2002.

Voeller doveva fare da traghettatore per  l’allenatore del Bayer Leverkusen Christoph Daum, che fu però coinvolto in uno scandalo di droga e perse l’occasione di sedere sulla panchina della Nazionale. Sorprendentemente il tedesco volante porta la nazionale ancora in finale, questa volta da allenatore, ai Mondiali nippo-coreani del 2002. Il Brasile però è troppo forte, e i verdeoro alzano al cielo la quinta Coppa del Mondo grazie alla doppietta di Ronaldo.

Rudi Voeller però ha guadagnato la fiducia della federazione tedesca e viene riconfermato fino al 2004, dove porta la Germania ad una deludente prestazione agli Europei. Due mesi dopo le sue dimissioni, però, torna l’amore mai sopito: la Roma ha bisogno di lui, Cesare Prandelli dopo pochi mesi di ritiro ha dovuto lasciare il posto per via della malattia che ha colpito la moglie, e i giallorossi non sanno letteralmente cosa fare. Rudi non può dire “no” alla Roma, ma la sua esperienza sulla panchina dei capitolini è più che deludente, dopo 4 sconfitte va via.

Da Roma, in poi, la sua carriera di allenatore non si è mai più riaccesa, dal 2005 è direttore sportivo del Bayer Leverkusen, con grande successo. È ancora al centro del mondo del calcio, seppur in maniera più defilata, e segue ancora con occhio interessato la Roma, il suo amore più grande da calciatore, un amore maledetto che non gli ha mai portato dei successi importanti, ma che l’ha riempito d’orgoglio e di sentimenti. 

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