Ronaldo Day: il Fenomeno, quello vero

Oggi è il compleanno di Ronaldo Luís Nazário de Lima, conosciuto semplicemente come Ronaldo: riviviamo insieme la sua carriera 

C’era una volta un Fenomeno, un sorta di extraterrestre, probabilmente il primo grande giocatore moderno, un mix perfetto tra potenza, velocità e classe. C’era una volta Ronaldo Luís Nazário de Lima, conosciuto semplicemente come Ronaldo, uno dei fuoriclasse più forti della storia mondiale. Per molti, il miglior attaccante e il miglior giocatore in assoluto nel decennio 2000-2010. 

Questione di novità, ma soprattutto di qualità. Perché mai nessuno, prima di allora, univa il proprio strapotere fisico alla classe sopraffina. Mai, prima di allora, c’era stato un giocatore così determinante. Per questo, i due Palloni d’Oro vinti nel 1997 e nel 2002, oltre ai tre Fifa World Player, uno nel 1996, sono solo l’iceberg di una carriera stellare, vincente e innovatrice. Peccato, però, per quella Champions League mancante in bacheca, ma non è l’unico fuoriclasse della storia del calcio a non aver vinto la Coppa dei Campioni

La storia di Ronaldo inizia nel lontano 1993. Dopo le giovanili con il Flamengo, due meravigliose stagioni con il Cruizeiro: 44 gol in 47 presenze. Sarà solo l’inizio di una media gol-minuti giocati da record. Subito il passaggio al PSV Eindhoven in Olanda per 6 milioni di dollari e le prime grandi giocate in Europa, dove conferma il proprio score da 54 gol in 57 partite ufficiali tra tutte le competizioni e una Coppa d’Olanda in bacheca. Le big lo osservano attentamente, ma a spuntarla è il Barcellona, che sborsa 20 miliardi di lire per il Fenomeno, che non delude le aspettative migliorando ancora con 47 gol in 49 presenze, vincendo la Coppa delle Coppe, la Coppa di Spagna e la Supercoppa di Spagna

Impossibile per Massimo Moratti non portarlo all’Inter nell’estate del 1997, tanto da far registrare il record di acquisto per un calciatore: pagamento della clausola rescissoria da 48 miliardi di lire, più un indennizzo da 3 miliardi di lire alla Fifa. Inizia così la storia d’amore tra Ronaldo e il presidente nerazzurro, condita da 59 gol in 99 partite ufficiali in cinque anni, ma soprattutto da due infortuni strappalacrime. Il primo il 21 novembre 1999, l’anno dopo la vittoria del primo Pallone d’Oro, contro il Lecce: rottura del tendine rotuleo del ginocchio destro. Il secondo al rientro in campo: carriera spezzata e fermata fino al 2001. Non solo infortunio, ma anche vittorie, come la Coppa Uefa nel ’97-’98. Era una squadra fantastica quella nerazzurra, ma non riuscì mai a portare a casa lo Scudetto, facendoselo sfuggire dalle mani quel famoso 5 maggio 2002 perdendo l’ultima partita di campionato contro la Lazio e consegnando il titolo alla Juventus. 

Quel giorno finì la storia d’amore con i nerazzurri. Questione di cuore, forse di vergogna, più probabilmente di amarezza. Il passaggio in estate al Real Madrid per 45 milioni di euro la conseguenza logica. Con i Blancos c’è maggiore concorrenza, ma Ronaldo è sempre il fiore all’occhiello dei Galacticos di Florentino Perez. Un’altra squadra magnifica, che però riuscì a vincere tra il 2002 e il gennaio 2007 solo una Liga, una Supercoppa di Spagna e una Coppa Intercontinentale, nonostante i 104 gol in 177 presenze ufficiali del Fenomeno, e, soprattutto, il secondo Pallone d’Oro nel 2002. 

La seconda avventura di Fabio Capello sulla panchina dei Blancos segnò la fine della storia di Ronaldo al Real Madrid e il suo passaggio al Milan per 7,5 milioni di euro. Peccato, però, che aveva già giocato in Champions League, non poteva quindi essere inserito nella lista Uefa di Carlo Ancelotti, che poi riuscì a vincere la settima Coppa dei Campioni nella storia dei rossoneri. Anche con l’altro club di Milano ci furono più delusioni, che soddisfazioni: 9 gol in 20 partite in un anno e mezzo, ma un brutto infortunio alla prima di campionato della stagione 2007-2008, con ricaduta nel mese di febbraio. 

Non ci fu rinnovo del contratto per Ronaldo, che decise di tornare in Brasile, più precisamente al Corinthians, dove chiuse la carriera nel febbraio 2011 con all’attivo 35 gol in 69 partite, ma soprattutto la dimostrazione che la classe rimane tale sempre, anche con le ginocchia malandate, l’età avanzata e un po’ di pancetta. 

E’ sempre stato un uomo che tendeva ad ingrassare il Fenomeno. Forse, qualche problema di faringe. Forse, semplicemente, l’amore per il buon cibo e la tendenza agli infortuni. Ma Ronaldo non ha mai perso il sorriso in campo, né tanto meno fuori dal campo, dove è poi diventato uno dei manager della Federcalcio brasiliana per l’organizzazione del Mondiale del 2014, concluso negativamente per quel Brasile, con cui scrisse e riscrisse la storia del calcio moderno. 

E’ proprio con la nazionale, che il Fenomeno dimostrò di essere uno dei giocatori più forti di sempre. Non solo 62 gol in 98 partite, che lo rendono il secondo goleador nella storia del Brasile, subito dietro al totem Pelè, ma soprattutto la vittoria di due Mondiali: negli Stati Uniti nel 1994 e in Giappone e Corea del Sud nel 2002. Inoltre, in bacheca bisogna ricordare anche il bronzo delle Olimpiadi di Atlanta nel 1996, le due Coppe America in Bolivia nel 1997 e in Paraguay nel 1999, e, infine, la Confederations Cup in Arabia Saudita nel 1997. 

Una carriera da oltre 400 gol in circa 600 partite ufficiali per Ronaldo, che ha vinto anche i titoli di capocannoniere in Eredivisie, Liga e in diverse competizioni per le nazionali e per club. In bacheca anche una Scarpa d’Oro, tre World Soccer, un Don Balon, due Trofeo Bravo, due Onze d’Or, un Pallone d’Oro Mondiale, due Miglior Giocatore Uefa, tre Oscar del calcio AIC, un Golden Foot. Per finire: inserito nella Fifa 100 nel 2004 e nella Hall of Fame del calcio italiano nella categoria Calciatore Straniero nel 2015. 

Per chi non ha avuto l’onore di vederlo giocare, Ronaldo era un attaccante completo, capace di calciare perfettamente con entrambi i piedi, glaciale e cinico sotto porta. Ma, soprattutto, è stato il prototipo del giocatore moderno, visto che univa la sua immensa classe alla forza fisica, alla rapidità nello stretto, all’accelerazione improvvisa e alla progressione parla al piede. Dribbling e doppi passi erano nel suo repertorio, con uno scatto da 36 km/h e la capacità di trasformare calci di rigore e qualche punizione. Metteva in campo allegria e voglia di vincere. 

Bellissime le parole di Fabio Cannavaro“Per la mia generazione è stato quello che Maradona o Pelé erano per le precedenti. Era immarcabile. Al primo controllo ti superava, al secondo ti bruciava, al terzo ti umiliava. Sembrava un extraterrestre”.

Poche parole per raccontare chi era in campo Ronaldo: un extraterrestre. Anzi, un Fenomeno… quello vero. 

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