Juventus e il Barcellona: try to believe, dream to live. Grazie Napoli! Europa, Roma e la solita mentalità italiana

La Juventus è l’unica squadra italiana rimasta in Europa, ma dovrà fare l’impresa contro il Barcellona nei quarti di finale di Champions League, da cui è stato eliminato il Napoli, nonostante due grandi prestazioni contro il Real Madrid. La Roma non ha superato il turno di Europa League, certificando la mentalità delle squadre italiane di snobbare la seconda coppa europea

Che vendetta sia. O, meglio, “chi di coltello ferisce, di coltello perisce”. Tra sogno e realtà, ma anche la volontà di provarci per crederci fino in fondo. Sul cammino verso la finale c’è di nuovo quella nemesi, che in passato ha infranto i sogni. 

Eppure, questa volta c’è la sensazione che quei sogni possano realizzarsi. Questione di cicli, proprio quelli che il Barcellona sembra ad un passo dal concludere. Questione di rivincite, proprio quelle che la Juventus vuole prendersi. Senza dimenticare il passaggio di consegne tra il passato, Lionel Messi, e il futuro, Paulo Dybala

Sarà Juventus-Barcellona, come a dire una finale, ma sarà solo un quarto di finale, in una Champions League che, oggi e in futuro, vedrà sempre più protagonista l’unica squadra italiana ai livelli delle altre big d’Europa, nonostante l’odio, o forse più semplicemente l’invidia, dei meno obiettivi, dei meno oggettivi e, sicuramente, dei meno sportivi. Di chi, paradossalmente, non vuole il bene dell’Italia a livello calcistico, perché fin troppo incapace di vivere certe emozioni come patria e nazione. 

Perché questa Juventus vale questo Barcellona. Qualcuno, ora, potrebbe dire che la storica remuntada contro il PSG colloca i catalani di Luis Enrique ancora ad un livello superiore. Sì, hanno realizzato un qualcosa di inimmaginabile, irripetibile, imprevedibile, iperbolico. Però, i bianconeri non sono i parigini e, checché se ne dica, si spera che, almeno questa volta, gli arbitri non siano a favore solo ed esclusivamente degli spagnoli, fin troppo aiutati nei momenti di difficoltà europea. 

A questi livelli, come palesato in questi ultimi anni, conta anche e soprattutto l’abitudine alla vittoria, il prestigio del retaggio della storia e la fame di arrivare lì dove, attualmente, si collocano gli Dei dell’Olimpo del calcio. 

Certo, non sarà facile. E, sì, è necessaria una grande impresa. Ma, almeno sulla carta, il gap rispetto alla finale di Berlino si è ridotto notevolmente, non nella rosa, che, forse, attualmente potrebbe premiare ancora i blaugrana, quanto nella mentalità delle due squadre. 

Oggi, la Juventus è una squadra consapevole della propria forza, ma non pretenziosa, né tanto meno presuntuosa, contro qualunque avversario. E’ vero, “il cane assomiglia al padrone” e i bianconeri sono diventati sempre più simili a Massimiliano Allegri, che dell’umiltà e della capacità di adattarsi ai vari momenti e ai vari avversari ne ha fatte le caratteristiche della propria ascesa nella scuola del calcio italiano ed internazionale.

Del resto, la maturità della Juventus passerà dalla maturità di Allegri, che dipenderà dalla capacità di aver imparato la lezione della finale di due anni fa e fare del proprio background calcistico, psicologico e tattico, il punto di forza per invertire qualsiasi pronostico e superare anche questo grande ostacolo, dopo il quale, presumibilmente, il cammino per la finale potrà essere solo tutto in discesa. 

Quindi, una doppia sfida con il Barcellona che la Juventus dovrà affrontare con un solo motto (da me coniato): “Try to Believe, Dream to Live”. In italiano: “Provare per Credere, Sognare per Vivere”. Perché “sono sempre i sogni a dare forma al mondo”, come canterebbe Ligabue

Per il resto, la Champions League regalerà ancora un’altra finale anticipata, una doppia sfida tra Real Madrid e Bayern Monaco che, di fatto, metterà di fronte le due squadre favorite in assoluto per la vittoria della “coppa dalle grandi orecchie”

Ma, soprattutto, Carlo Ancelotti sarà chiamato a sfidare il proprio glorioso passato, quello stesso che aveva avuto il coraggio di metterlo da parte e concludere un’avventura vincente, senza riconoscenza per l’uomo che aveva riportato il club spagnolo a scrivere le pagine più belle della storia del calcio internazionale. 

Sarà interessante vedere l’accoglienza da parte dei tifosi e, allo stesso tempo, scoprire se la fortuna dell’allievo Zinedine Zidane sarà ancora più forte del prestigio della storia e dell’esperienza del maestro, che avrà la possibilità di mettere la parola fine al dominio del Real Madrid in Europa. 

Eppure, potrebbe essere l’anno buono per le favole anche in Champions League. Paradossalmente e incredibilmente, l’Atletico Madrid potrebbe essere considerata la squadra favorita alla vittoria finale, qualora riuscisse ad avere la meglio sul Leicester City, non più di Claudio Ranieri, altro uomo sul quale si è abbattuta l’irriconoscenza di questo sport, nella doppia sfida contro una squadra che, in fin dei conti, è un vero e proprio autoritratto della squadra di Diego Pablo Simeone

Potrebbe essere l’anno delle favole, magari per una volta la Champions League potrebbe premiare davvero la squadra che gioca il calcio più divertente e spettacolare.

No, non è il Napoli, che pure va ringraziato per le due commoventi serate offerte, non solo grazie alle prestazioni della squadra, ma di una città e un popolo intero, che hanno provato in tutti i modi a viverlo non smentendo i valori della propria tradizione, venendo però traditi dal proprio presidente Aurelio De Laurentiis

Ovviamente, si intende l’altro quarto di finale, che vedrà affrontarsi Borussia Dortmund e Monaco. Non sono delle novità a questi livelli, visto che in passato hanno visto infrangere il proprio sogno di cenerentole proprio in finale. Ma il talento, la fame, la voglia di sognare possono premiarle insieme alla consapevolezza di non aver nulla da perdere. 

Proprio quando sembra che si può dire la propria, l’Italia conferma che in Europa non è la benvenuta. Questa volta a tradire le aspettative è stata la Roma, eliminata da quel Lione che aveva messo in difficoltà anche la Juventus. 

Inutile nascondere la delusione, perché i giallorossi potevano davvero arrivare fino in fondo in una competizione che, in fin dei conti, ha solo il Manchester United come concorrente all’altezza della squadra capitolina, sperando, a questo punto, in una finale dal prestigio storico e dalla nostalgia canaglia con l’Ajax. Eppure, ancora una volta la Roma ha fallito la prova di internazionalizzazione della propria storia, un passo che mai è riuscita a realizzare.

Avrà anche le sue colpe Luciano Spalletti, che non si è fidato di tutti i propri giocatori, ma ha continuato a puntare sempre e solo su un gruppo di uomini. Quasi come a dire o pensare che gli altri non erano all’altezza. Errore che la Roma ha pagato con l’eliminazione e con la conferma che, purtroppo, non è capace di gestire i momenti topici della propria stagione calcistica. 

Questo, evidentemente, non è solo un problema inscritto singolarmente. E’ il deus ex machina del calcio italiano in campi internazionali. E’ la solita mentalità gretta delle squadre italiane nell’affrontare la ‘coppetta’, quella Europa League che, in realtà, può e deve essere un mezzo per vincere in Europa, non solo un ‘fastidio’. 

La crescita e, si spera, la rinascita del calcio italiano passerà dal raggiungimento della consapevolezza di questa realtà. Solo un cambio di mentalità potrà riportare l’Italia sul tetto d’Europa, una nazione calcistica che dovrà vivere nel presente per costruire il futuro, senza dimenticare il retaggio del passato. 

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