Jari Litmanen, il Vichingo diventato Re del Nord

La Finlandia è un paese che conta quasi 5 milioni di abitanti, ha un numero enorme di laghi, foreste e baie, che la rendono un paese spettacolare da vedere e da visitare, ma molto ostile in cui vivere. Le temperature più alte si raggiungono a Giugno, o Luglio, e arrivano a 15 gradi, immaginate cosa succede nel resto dell’anno. Jari Litmanen nasce a Lathi, una città che è chiamata la Chicago finlandese, nel periodo più freddo dell’anno (febbraio), e conserverà dentro di sé sempre qualcosa del suo paese natale, anche quando si trasferirà nella calda Barcellona, nella piovosa Liverpool, ma soprattutto nella rivoluzionaria Amsterdam. E’ un mistero, tuttavia, come un paese con quelle caratteristiche, in cui è difficile giocare a calcio a livello professionistico (figuriamoci a livello dilettantistico), sia nato e cresciuto un talento di tale caratura. Ma il calcio, si sa, a volte ci regala storie incredibili.

 

IL LANCIERE DEL NORD

 

A 21 anni Litmanen viene notato in una finale di Coppa finlandese, da diversi osservatori europei. La maggior parte di loro desiste, in pochi credono che quel calciatore, seppur forte, pieno di classe, e geniale, possa reggere alle pressioni del vero calcio, quello centro-europeo. A spuntarla però, è l’Ajax, una squadra che ancora oggi crede molto nei giovani scandinavi, che lo porta ad Amsterdam, quando sulla panchina siede Louis Van Gaal, e in attacco, c’è Dennis Bergkamp, che finirà la prima stagione di Litmanen in Olanda come capocannoniere.

Esce il 10, entra il 14. Si, Litmanen per un periodo ha vestito quella maglia, che pesa così tanto se sei dell’Ajax.

 

Il finlandese gioca poco, ma viene ben allenato da Van Gaal, che vede in lui qualcosa di straordinario. Ha i piedi del fantasista puro, del numero 10, ma realizza anche tanti gol. Ha una coordinazione incredibile, soprattutto quando colpisce la palla al volo, e ha il fisico di Gerd Muller, quasi non sembra un calciatore professionista, ma quando poi tocca la palla, nel 90% dei casi è il più forte che ci sia in campo, fra avversari e compagni di squadra.

In estate l’Inter fa follie per Bergkamp e Jonk, e Van Gaal sa già di avere il sostituto di Dennis in casa. 

Il Lanciere, diventa Re, e vince la classifica capocannonieri nonostante giocasse dietro le punte, e non come centravanti. L’Ajax grazie al suo talento, vince anche l’Eredivise 93-94, ma è solo l’inizio di un ciclo ancora più vincente. La squadra di Amsterdam sta sfornando una generazione di campioni che poi andranno a far fortuna ovunque, Van der Sar, i fratelli de Boer, Reiziger, Rijkaard, Seedorf, Davids, Overmars, Kanu, Kluivert.

Una squadra giovane, ma fortissima, che arriva in fondo a tutte le competizioni e nel 1995 vince la Champions League, nella finale di Vienna, contro uno degli ultimi grandi Milan di Capello.

Litmanen alza al cielo la coppa con le orecchie. Giocò una brutta finale, ma poco importava, quella squadra era arrivata a vincere l’impossibile.

 

BANDIERA DELL’AJAX

 

Come detto, la squadra stellare di Van Gaal viene pian piano smontata, ma Litmanen resta, e segna ancora di più. Nell’anno seguente alla grande vittoria in Champions, i Lancieri portano a casa l’Intercontinentale contro il Gremio, ai rigori, e la Supercoppa europea contro il Real Saragozza. Ancora una volta l’Ajax arriva in finale di Champions, e nonostante la rete del finlandese, poi pareggiata da Ravanelli, gli olandesi perdono ai rigori contro la Juventus di Lippi.

In quell’annata Litmanen si laureerà anche capocannoniere della competizione, un vero e proprio trascinatore, silenzioso, di una squadra piena di talento. Un leader che non è mai voluto esserlo, ma che per forza di cose lo è diventato.

FRA SPAGNA ED INGHILTERRA

Un calciatore di quella caratura tecnica, se lascia l’Ajax, può andare da poche altre parti al mondo: Barcellona, Milan o Real Madrid. A spuntarla è il fascino della Catalogna, e a richiamarlo a sé è Van Gaal, che si porta in Spagna diversi pupilli.

Litmanen con la maglia del centenario blaugrana.

La sensazione è che il finlandese sia ancora uno dei più forti calciatori in Europa, ma non lo dimostri sempre e con costanza. L’ambiente forse non l’ha accolto al meglio, o lui ha subito troppo le pressioni di Barcellona, eppure ha sempre confermato di aver amato la città, per il suo clima, e per il suo calore.

L’esonero di Van Gaal al termine del 1999, fissa una pietra tombale sulla carriera di Jari in Spagna, ma ad accoglierlo all’inizio del millennio, a parametro zero, è un’altra squadra gloriosa: il Liverpool.

Gérard Houllier, tecnico dei Reds, accolse Litmanen come una vera e propria star. 

“We have signed a world-class player. He comes with a massive reputation and I believe he’s one of the most exciting signings we have made”

 

Parole così dolci, e forti, che Litmanen si sentì di ricambiare, affermando di aver ammirato Kevin Dalglish (bandiera del Liverpool) ancora di più di Maradona. L’amore con la Kop è a prima vista, ma l’allenatore, incredibilmente, lo schiera poche volte titolare, nonostante ogni volta che entri dia spettacolo, e segni. 

La carriera al Liverpool è fugace, ma Litty mette comunque in bacheca Coppa UEFA, FA Cup, e Carling Cup, oltre ad un’altra Supercoppa UEFA. La sensazione è, che ogni volta che entri, sia più un’attrazione per il pubblico, che un vero e proprio fattore per la squadra, inoltre Houllier non ha trovato il posto giusto per il finlandese, nel 4-4-2 che vedeva l’assenza di un uomo fra le linee, e due attaccanti diversi da Litmanen, Owen ed Heskey, e veramente difficili da tener fuori.

CASA DOLCE CASA

Home is where heart is, si dice in Inghilterra. Il cuore di Litmanen è a metà fra Amsterdam, e la Finlandia, la patria che lo ha svezzato, e che ancora oggi lo adora come una delle 50 personalità più importanti della storia del paese.

La sua carriera, fondamentalmente, dopo il primo periodo in Olanda non ha mai vissuto di grandi acuti. E’ tornato per altre due stagioni in Eredivisie, per poi peregrinare fra Bundesliga, e di nuovo Premier League, ma alla fine ha deciso di dare il suo contributo al povero calcio di casa.

Un amore per la patria, che ha 40 anni lo ha portato a tornare a giocare per l’HJK Helsinki, e vincere l’ultimo trofeo che mancava nella sua bacheca, la Veikkausliiga, che ha sostituito dal 1990 la Mestaruussarja.

Ancora oggi ci si chiede come sarebbe andata la sua carriera, se non avesse avuto quel passaporto. E’ anche arrivato terzo in classifica per la corsa al Pallone d’Oro nel 1995, ma in pochi ricordano oggi le sue gesta, al di là della bacheca. Le sue giocate sopraffine, il suo modo di essere sempre decisivo in campo.

In molti si chiedono dove sarebbe arrivato se avesse giocato di più al Barcellona, o se avesse vinto una Premier con il Liverpool, in molti, ma non lui, che in fondo è arrivato dove voleva arrivare. A vincere tutto, per poi tornare a casa, fra i ghiacci della sua Finlandia, a trionfare per l’ultima volta, con la maglia che ha amato di più.

 

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