Goal!: Cinema e Calcio in un film che, nonostante tutto, ha rafforzato la nostra passione

Sono passati ormai quasi 12 anni dall’uscita di Goal!, diretto dall’inglese Danny Cannon (Dredd – La legge sono io) e interpretato dal misconosciuto Kuno Becker, Tony Plana (Schegge di paura, Pain & Gain), Alessandro Nivola (Face/Off, Jurassic Park III) e Anna Friel (Timeline, London Boulevard).

La storia, come alcuni appassionati di calcio ricordano, è estremamente semplice e riproduce perfettamente il cosiddetto American Dream, con la differenza che il protagonista trova la sua fortuna in Inghilterra: Santiago Muñez, ragazzo messicano dalle stupefacenti qualità calcistiche, vive a Los Angeles dopo aver attraversato illegalmente, da bambino, il confine tra Messico e Usa (sentito, Donald?).

Diventato idolo della squadra amatoriale locale, viene notato da Glen Foy (Stephen Dillane, il Merlino di King Arthur), un ex calciatore inglese che, seguendo l’esempio dell’indimenticabile Roberto Sedinho, propone al ragazzo il trasferimento in Gran Bretagna per provare l’avventura nel mondo del calcio professionistico.

Santiago, sostenuto economicamente dalla nonna (bello de nonna!), giunge al centro di allenamento del Newcastle United e viene accettato per le visite mediche grazie alla mediazione di Foy. Ma c’è un piccolo, insignificante problema. Santiago è asmatico e, per evitare di essere cacciato a calci nel sedere, evita di riferire le sue complicazioni allo staff medico e sceglie di nascondere il suo inalatore, utile per le frequenti crisi respiratorie.

L’allenatore Erik Dornhelm, proprio come Mister Pioli con Gabigol, non vede Muñez nemmeno col binocolo e quasi gli preferisce anche il magazziniere. Per evadere dalla triste situazione che lo attanaglia e cercare di pensare a qualcosa che non contenga le parole “new” e “castle”, il giovane Santiago si getta tra le braccia di un’affascinante infermiera, Roz Harmison (la Friel), conosciuta durante le visite mediche per il club della cittadina inglese.

Anche grazie all’amicizia con Gavin Harris, talentuoso ma sregolato e discontinuo compagno di squadra, il giovane messicano riuscirà sistematicamente a farsi mortificare pubblicamente da un suo compagno geloso, a diventare titolare nella squadra B, ad entrare in prima squadra, a conquistare un calcio di rigore nella penultima partita di campionato, a far incavolare Dornheim/Pioli/Sedinho per il suo irritante egoismo sul campo (stile-sbarbatello che si vanta a calcetto), a farsi fotografare con alcune donne – e non portarsene a letto NEMMENO UNA, a piangere la morte del padre, a giocare da titolare l’ultima partita con il Liverpool – utile per entrare in Champions League – e realizzare un assist per Gavin e uno splendido goal su calcio di punizione che porterà la sua squadra sul 3-2 finale.

“Tutto qui?”, chiederete voi. Beh, sì, tutto qui. La storia è semplice, lineare, quasi scontata. Resta il fatto che, nonostante i limiti tecnici (le sequenze delle partite non sono soddisfacenti e/o comprensibili), la storia fin troppo strappalacrime, i cameo – telefonatissimi – di Zidane, Raul e Beckham, la consueta storia d’amore, la prevedibilità dello sviluppo finale (gli eroi vincono sempre!), le scene da spot Nike, gli evidentissimi product-placements, la fiacca inespressività di Kuno Becker (a cui, comunque, non puoi far a meno di voler bene) e alcune musiche degne di un “mavaccagare, và” à la Giovanni Storti, il film è godibilissimo.

Le musiche degli Oasis (con tre pezzi non contenute in nessun loro disco), la versione di Cast No Shadow della band di Manchester cantata da Noel (invece che da Liam), la partecipazione di calciatori famosi (come Lampard, Joe Cole, Shearer, Given, Kluivert, tra gli altri) e di allenatori altrettanto noti (v. Benitez ed Eriksson), la vocina interna – che parte dal cuore e martella il cervello – che urla “VAI, SANTIAGO! VAI!”, la palla che rotola in rete nei momenti cult – rigorosamente in slow motion, la carriera del protagonista che richiama – anche se anacronisticamente – “Il viaggio di Alex Hunter” in Fifa 17, le musiche vaccagare che accompagnano trionfalmente le esultanze dei protagonisti e la carenza di film sul calcio rendono questa pellicola piacevole e svagante, anche perché punta molto facilmente sulle emozioni “di pancia” dei maniaci del pallone e sulla loro straordinaria capacità di esaltarsi anche per match epici come Vibonese-Casertana.

Le curiosità dietro alle quinte del film sono tante e vale la pena svelarne alcune. Come è noto ad alcuni, Goal è il primo film di una trilogia che, sfortunatamente per Mike Jefferies, Matt Barrelle, le loro famiglie e il loro mutuo, non ha avuto successo.

Come deciso inizialmente dalla produzione, la storia del protagonista inizia in Inghilterra, passa per la Spagna (Real Madrid, come esplicitamente detto nella scena dei camei galacticos nel primo film) e finisce in Germania, dove Santiago ha la possibilità di giocare il Mondiale 2006 col Messico (che comunque abbiamo vinto noi, gne gne). Ma questa è un’altra storia.

Ciò che ci interessa è il primo film, anche perché è dove inizia il sogno del “soldato” Muñez, pronto a spaccare il mondo e dimostrare a tutti che, perdindirindina, il migliore giocatore della terra può venire, oltre che dall’Argentina, dal Brasile o dal Giappone (Oliver Hutton/Tsubasa Ozora grida vendetta), anche dal Messico, alla faccia di tutti gli influenti palazzinari con capelli arancioni che dicono il contrario.

Altri potenti, invece, battezzarono il film, realizzato – palesemente ed ovviamente – anche col supporto della Fifa. Non a caso la pellicola fu pubblicamente elogiata dall’allora presidente della Fédération Internationale Joseph Blatter:

Il calcio è lo sport più apprezzato al mondo. Il messaggio del calcio è quello del gioco pulito. Quello che trascende le credenze religose, il genere e le classi sociali. E’ il gioco più inclusivo al mondo e merita di essere rappresentato per ciò che è: uno sport che permette ai poveri di avere successo. Basato sulla loro dedizione, sul loro sforzo e sulla combinazione disciplina + lavoro duro, andando a valorizzare il loro dono (talento) individuale. Questi sono i valori-chiave del calcio e saranno espressi nei film di Goal!. Anche questi sono i motivi per i quali la FIFA ha deciso di unire le forze con i produttori e sostenere il progetto.

Progetto che, come svelato dal regista Danny Cannon, ha puntato sull’originalità della scelta di collocare la storia in un piccolo contesto sportivo come quello del Newcastle:

E’ una storia ‘di un pesce fuor d’acqua’ ed è su un ragazzo che passa da un mondo ad un altro, e quando vai a Newcastle ti senti isolato – è molto lontano, è una nazione a sé ed ha una sola squadra. Newcastle è un Paese a sé, credo. Stavo provando a trasmettere che ciò fosse un momento di ispirazione per questo ragazzino – era Newcastle, ma anche uno dei momenti più belli della sua vita.

Le parole del regista sono confermate dallo stesso Kuno Becker, che ha ammesso candidamente di non essere un fanatico del calcio ma di aver lavorato sodo per rendere più credibile la sua interpretazione:

Devo ammetterlo: non sono un grande fan del calcio. Giocavo un po’ quando ero a scuola. Mi piace il calcio e, per questo motivo, ho veramente amato lo script, perché, quando l’ho letto, ho realizzato che non fosse solo sul calcio, ma fosse una buona storia. Era stimolante, trovavo molti momenti bellissimi nello script e per questo l’ho amato. Ed è quello che sta esattamente accadendo ora con il pubblico; la risposta degli spettatori è stata eccezionale: anche se non sono amanti del calcio, lo adorano.

Uno delle informazioni più curiose riguarda proprio il ruolo del protagonista. La parte del personaggio principale, interpretato dalla star della tv messicana – sconosciuta al resto del mondo – Kuno Becker, era stata inizialmente assegnata ad un attore che negli ultimi tempi ha avuto un notevole picco di notorietà: Diego Luna, interprete in pellicole hollywoodiane come The Terminal, Milk ed Elysium e star del recente (e trionfante) spin off di Star Wars, Rogue One (ricordate il protagonista Cassian? Bene, è lui!). Sul magico mondo di internet possiamo anche vedere alcune foto che mostrano un giovanissimo Luna con la maglia del Newcastle, precedentemente all’allontanamento dalla carriera calcistica e molto prima dell’ingresso nella Resistenza contro l’Impero

Una cosa è chiara: non serve un critico cinematografico per notare e sottolineare i marchiani difetti di Goal!, la sua piatta sceneggiatura, i suoi personaggi sufficientemente stereotipati e uno sviluppo narrativo degno di una favola della Melevisione.

Ma, parliamoci chiaro, chi non desidera vedere il tripudio finale di un eroe prevedibilmente lanciato verso la vittoria? Chi non ama assistere al riscatto dell’alleato-trickster (per dirla alla Vogel – lo scrittore/sceneggiatore, non l’ex del Milan), in questo caso Gavin, che vince la sua battaglia contro la sregolatezza e zittisce chi non credeva in lui? Chi non adora guardare un pallone rotondo che si insacca in rete dopo una scena epica che farebbe invidia allo smisurato trionfalismo di Ron Howard (o della versione “storica” di Ridley Scott)?

Chi ha una risposta negativa per queste domande vada di corsa a guardare “50 sfumature di grigio”. Qui si parla di calcio.

E, volente o nolente, Goal! ne rappresenta l’essenza.

GIULIO NOCERINO © Stadio Sport

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