F1 GP Australia 2017: l’analisi della gara.

La Ferrari è tornata e fa nuovamente sognare i suoi tifosi sparsi per il Globo. Il Gran Premio d’Australia, vinto ieri da un superbo Sebastian Vettel, ha interrotto un digiuno che durava ormai dal Gran Premio di Singapore 2015; un lasso di tempo lungo 553 giorni, nel quale la Ferrari, da sicura rivale della Mercedes era entrata in una crisi evidente, che ha quindi condotto alla rivoluzione del Luglio dello scorso anno, con l’addio di Allison e la nomina (criticatissima fino a poche settimane fa) di Binotto a Direttore Tecnico.

Adesso la rivincita, dopo un inverno di silenzio e lavoro, con i test che, nonostante cassandre varie, qualche segnale veritiero sembra lo abbiano dato. La Mercedes, dopo un weekend da protagonista annunciata, si è scoperta vulnerabile; ma da qui a darli in effettiva difficoltà, beh, bisogna quantomeno aspettare altre 3/4 gare.

Perchè questa stagione, come ripetuto fino alla nausea, sarà decisa dagli aggiornamenti. Chi non saprà seguire il passo, giocoforza dovrà soccombere. Detto ciò, andiamo ad analizzare i temi della prova d’apertura di Melbourne.

Il salto di gioia di Vettel sul podio di Melbourne (foto da: sportskeeda.com)

FERRARI, ALBA DOLCISSIMA. KIMI DA RIVEDERE

La Scuderia non inaugurava una stagione vincendo da 7 anni, ovvero dal primo successo di Alonso in Bahrain nel 2010, occasione nel quale la Ferrari ottenne anche la doppietta, grazie al 2° posto di Massa. La vittoria a Melbourne, invece, mancava dal 2007, quando anche Raikkonen, poi iridato, bagnò l’esordio con il team di Maranello con una vittoria. Se già in qualifica si era avuto il netto sentore di una SF70-H molto competitiva, la gara non ha fatto altro che confermare il tutto, andando anzi probabilmente oltre le aspettative.

Vettel, dopo aver sofferto per un leggero pattinamento al via, non ha faticato nel tenere il passo di Hamilton nei primi giri, allontanandosi un attimo dopo il 10° giro per far respirare monoposto e pneumatici. Ecco, proprio la gestione ottimale dei nuovi ‘gommoni’ Pirelli ha fatto la differenza, consentendo al muretto Ferrari di prolungare lo stint del tedesco, permettendogli di operare il sorpasso sull’inglese, nel frattempo rallentato (senza la minima scorrettezza, sia chiaro) da Verstappen.

E qui la Ferrari ha mostrato di meritare tutto: Vettel, contrariamente a quello che si potesse temere, non ha assolutamente faticato a tenere a debita distanza la Mercedes, gestendo alla grande sia il distacco che le gomme Soft, tanto da cercare il miglior giro nel finale, in un remake dei bei tempi in Red Bull. Bando ai facili trionfalismi, comunque.

La Mercedes resta la favorita e l’Albert Park, notoriamente, è un circuito particolare, che non ha mai dato grosse indicazioni (pur se in 13 occasioni chi ha vinto qui ha poi vinto anche il Mondiale). A Shanghai, fra due settimane, la prova del nove.

La gioia di Sebastian Vettel per la vittoria di ieri, insieme ai meccanici Ferrari (foto da: headlinesportsnews.com)

E Raikkonen? Dopo degli ottimi test, ci si attendeva altro, sinceramente. Ma in questo weekend il finnico non ha mai trovato il feeling, nè con la macchina, nè con le gomme nè con la pista. Un 4° posto che in sè non è un risultato disprezzabile, ma il gap accusato da Vettel, sia in qualifica che poi in gara, è pesante. Vero, avranno influito problemi di assetto, così come l’impossibilità di prendere Bottas. Urge però un cambio di passo, perchè la Ferrari, per infastidire ancora le Frecce d’Argento, ha tanto bisogno di lui. La SF70-H c’è, così come la sua velocità (vedasi giro record alla fine).

MERCEDES, QUEL PUGNO DI TOTO…

Se c’è un’immagine emblematica della gara australiana, mi riferisco soprattutto al doppio pungo inferto da Toto Wolff alla scrivania nel momento in cui Seb, rientrando in pista dopo il cambio gomme, si piazza davanti a Verstappen e Hamilton, volando via verso la vittoria. Un nervosismo che, in quest’era ibrida, lo si era intravisto solo nei momenti più caldi della rivalità di Lewis con Nico Rosberg.

Si è parlato tanto, nel post-gara, della scelta (ex post sbagliata) di richiamare in anticipo Hamilton ai box, anche se lo stesso pilota di Stevenage ha poi sottolineato come la sosta sia stata anticipata di soli due giri (17 anzichè 19). In tanti, basandosi anche sulla difficoltà di superare emersa a Melbourne, hanno definito tutto questo come un errore strategico che, unito allo stopper Verstappen, ha deciso in negativo la gara di Hamilton.

A mio modo di vedere, è parso chiaro come, sul passo, Seb ne avesse di più di Lewis, tanto da allungare a piacimento nella seconda fase di gara. Un Lewis innervosito dall’avere il tedesco così vicino, al punto da valutare in modo sbagliato il livello di degrado delle sue Ultrasoft e, temendo un undercut della Ferrari, spingendo per il pit anticipato. La mia idea è che Vettel, casomai nel finale, sarebbe riuscito lo stesso ad andare all’assalto dell’inglese il quale, elemento non trascurabile, nella seconda metà di gp ha sofferto anche nei confronti di Bottas.

Il finlandese ha convinto in questa prima uscita in Mercedes e, se non fosse stato per l’ordine di scuderia chiaramente ammesso da Wolff, probabilmente sarebbe andato ad infastidire il ben più titolato compagno di box. Anche in questo caso, come per la Ferrari, una rondine non fa primavera. Ma le premesse per qualcosa di interessante e diverso rispetto alle previsioni iniziali paiono esserci.

Hamilton davanti a Vettel, nelle prime fasi della gara di Melbourne (foto da: facebook.com/MercedesAMGF1)

RED BULL, COSI’ NON VA!

Alzino la mano tutti quelli che, prima dei test catalani, avrebbero immaginato una Red Bull in tale difficoltà all’esordio stagionale. Già nelle scorse settimane era chiaro che la RB13, soprattutto a livello di power unit, fosse indietro alle rivali, ma nessuno nel team di Milton Keynes si aspettava un gap così pesante.

Ok che Horner e compagnia cantante ci hanno abituati ai grandi recuperi in corso d’opera; la sensazione, però, è che ci sarà da lavorare tanto per portare la monoposto ai livelli che ci si aspettava alla vigilia. Tornando a ieri, Verstappen ha fatto il possibile con quanto aveva a disposizione; una condotta di gara matura, ravvivata dall’illusione di poter riprendere un Raikkonen sonnolento.

Tutto da cestinare, invece, per Ricciardo. L’incidente in Q3 ha rovinato tutto e, a posteriori, sarebbe stato meglio non farlo ripartire dai box con due giri di ritardo. Daniel non può far altro che errare per la pista di casa, fino al mesto ritiro.

GIOVINAZZI, CHE DEBUTTO!

Se ci si fermasse solo al freddo risultato, non è che ci sarebbe chissà cosa di esaltante nella gara di Antonio Giovinazzi, che riporta il Tricolore in un gran premio di Formula 1 dopo il GP di Abu Dhabi 2011; al traguardo 12° su 13 classificati, a 2 giri da Vettel.

E invece c’è molto altro. Il pilota di Martina Franca è stato catapultato sulla C36 solo sabato mattina dopo il forfait di Wehrlein e, con una sola ora di libere, senza aver mai girato all’Albert Park, su una monoposto settata per un altro pilota, ecco che ti sfiora un clamoroso accesso in Q2. In gara, Giovinazzi ha badato a non fare errori, puntando deciso alla bandiera scacchi e risultando infine il migliore dei rookie. Il Giovi ha dimostrato di poterci stare benissimo in Formula 1 e la speranza è che possa avere al più presto altre chance per mostrare le sue capacità.

Esordio molto positivo per Antonio Giovinazzi, al volante della Sauber (foto da: .facebook.com/sauberf1team)

GLI ALTRI #1: MASSA PRIMO DEGLI ALTRI, FORCE INDIA E TORO ROSSO PRESENTI

Passando agli altri, che sembrano correre in un’altra categoria tanto è ampio il gap dai migliori, Felipe Massa spicca sempre. Grazie alla sua esperienza, il brasiliano, reduce dal ritiro più breve della storia, dimostra ancora di poter dire la sua, cogliendo un 6° posto, ultimo tra i non doppiati.

Esordio negativo per Stroll che, tra errori vari, chiude in anticipo la sua prima gara per un problema ai freni anteriori. Sempre consistente anche Perez (7°), che anima la domenica con due bei sorpassi sul duo della Toro Rosso. A dire il vero, però, contrariamente alle parole della vigilia, la VJM10 è ben più lontana del previsto dalle posizioni che contano; bell’esordio per Ocon, che artiglia il primo punto della carriera, al termine di una gara accorta e giudiziosa. Prestazione positiva anche per il team di Faenza: Sainz e Kvyat (8° e 9°) hanno concluso bene un weekend perennemente in top-10, confermando le buone impressioni sulla STR12.

GLI ALTRI #2: PECCATO HAAS, DELUSIONE RENAULT. MCLAREN COME PREVISTO

Domenica di rimpianti in casa Haas. Autore di una qualifica super e di un’ottima fase iniziale di gara, Romain Grosjean ha dovuto alzare bandiera bianca a causa di una perdita d’acqua che ha messo ko il suo propulsore. Male Magnussen, che rovina subito la sua gara speronando in curva 3 Ericsson, per poi fermarsi ad 11 giri dal termine (sospensione).

Delusione, invece, per la Renault. Dopo i test, si pensava che il team di Enstone potesse lottare per la top-10, ma ha avuto un brusco risveglio in Australia. Mai veramente competitivo, Hulkenberg è riuscito a rinvenire su Ocon solo nel finale, restando comunque fuori dai punti. Palmer, invece, ha avuto un weekend estremamente travagliato, chiuso dopo soli 15 giri per un problema all’impianto frenante. Male anche la McLaren. Mentre Vandoorne, autore di qualche sbavatura di troppo, ha concluso mestamente ultimo tra i classificati, Alonso ha lottato con le unghie e con i denti quasi fino all’ultimo per artigliare un 10° posto che avrebbe quasi avuto il sapore di un miracolo, viste le premesse.

E invece, dopo aver subito un frustrante doppio sorpasso per mano del duo Ocon-Hulkenberg, lo spagnolo si è dovuto ritirare per un problema alla sospensione posteriore destra. Detto di Giovinazzi, Ericsson ha avuto una gara sfortunata, danneggiata dal contatto iniziale con Magnussen, per poi ritirarsi a causa di un guasto al motore.

La classica foto di gruppo d’inizio stagione dei piloti (foto da: facebook.com/Formula1)

F1 2017: BUONA LA PRIMA?

Come giudicare questa prima prova della nuova stagione? A mio parere positivamente. Mi spiego. Ho letto ovunque commenti che criticavano, anche pesantemente, il drastico calo di sorpassi e, in generale, la difficoltà nel portare un attacco, soprattutto se a pari condizione.

Come ricordò Brawn non più tardi di una decina di giorni fa, se si vogliono monoposto molto più veloci bisogna avere carico aerodinamico; al contrario, si ridurrebbe di certo il disturbo della scia, ma le monoposto sarebbero inevitabilmente più lente. D’altronde, non è che negli anni d’oro della categoria, ci fossero caterve di sorpassi. Le manovre più spettacolari della storia, quelle rimaste nella leggenda della Formula 1, si contano in poche decine. Niente a che vedere con quanto visto fino alla passata stagione. 

Lo spettacolo, in Formula 1, è relativo, dipende da quale angolo di visuale si usi.

La realtà è che questo è uno sport dove, spesso e volentieri, è l’attimo, anche un giro su 60, a regalare un’emozione che potrà restare indelebile nella mente dell’appassionato (che ragiona diversamente, per forza di cose, dall’osservatore occasionale).

Per fare un esempio, quella trentina di secondi vissuti ieri tra l’uscita di Seb dalla pitlane e la difesa in curva 3 su Verstappen, sono valsi il prezzo del biglietto. Un sussulto capace di riscattare una gara fin troppo lineare, senza comunque trascurare che si tratta della prima uscita in una nuova era per la Formula 1. Detto ciò, aspettiamo almeno qualche gara prima di giudicare. Le sorprese sono dietro l’angolo.

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