L’Umana Reyer Venezia si aggiudica il titolo di Campione d’Italia 2017, conquistando il terzo titolo della sua storia, titolo che non si vedeva in Laguna da ben 74 anni. Sì perchè la Reyer è una società che ha vinto due Scudetti all’epoca del secondo conflitto mondiale (1942 e 1943), una società che poi però ha vissuto anni bui nel recente passato e che è tornata nella Massima Serie da soli 6 anni, ma in poco tempo è riuscita a risorgere come una fenice dalle proprie ceneri, scrivendo adesso una delle più belle pagine della sua storia.
Trento è stato un avversario ostico, mai domo ed ha sempre trovato la forza per rimanere aggrappato ad un sogno per cui Venezia ha però combattuto con un pizzico in più di determinazione. Al “Pala Trento“, scenario di Gara-6, finisce 78-81, risultato che porta la serie sul 4-2 e libera l’urlo di gioia dei trionfatori, mentre strozza l’urlo in gola degli avversari, che chiudono con onore una stagione a dir poco strepitosa che rimarrà comunque nella storia.
L’inizio di gara è scoppiettante, con entrambe le squadre che giocano senza timore reverenziale e si gettano a capofitto su ogni pallone, producendo, alla fine del primo quarto, un 17-17 che conferma il grande equilibrio che c’è tra le due squadre.
L’avvio del secondo quarto vede però i padroni di casa mettere il turbo e mandare all’angolo gli avversari, mettendo a segno canestro su canestro e volando addirittura sul +11, costringendo così coach De Raffaele a giocare la carta del secondo time-out per provare a ricompattare la sua squadra. Venezia, a fatica, rimane aggrappata al match e inizia a scalare la vetta, riportandosi e poche lunghezze di svantaggio da Trento e chiudendo la seconda frazione sul 36-35.
All’intervallo lungo è dunque la Dolomiti ad essere in, pur risicato, vantaggio ma il morale tra le due squadre è ben diverso: mentre i padroni di casa vanno al riposo con 1 punticino in più, rimuginando sul +11 gettato alle ortiche, la Reyer ha l’entusiasmo di chi è stata all’inferno, ma è riuscita a risalire la china e dell’oscurità non ne vuol più sapere.
E’ così che il terzo quarto si apre con gli ospiti maggiormente agguerriti, che dominano fisicamente, hanno la meglio su ogni contrasto e conquistano ogni rimbalzo, affondando una serie di colpi che, complici tre triple consecutive, portano Venezia addirittura sul +12. Gli uomini di Buscaglia sembrano ormai al tappeto ma, trovando energie che loro stessi non sapevano di possedere, riaprono il match, andando all’ultimo riposo sul 51-56.
Da un lato la solidità di Stone, l’esperienza di capitan Ress, la classe di Haynes e l’esuberanza di Filloy ed Ejim, dall’altro l’eleganza e la determinazione di Craft, il cuore di Forray, la freschezza di Flaccadori, la concretezza di Hogue e lo strapotere fisico di un mai domo Sutton, ultimo ad arrendersi.
L’ultimo quarto è stupendo, con Trento che si avvicina a Venezia a discapito di ogni logica speranza, ma con il cronometro scorre inevitabilmente.
La distanza tra le squadre è minima e Trento si ritrova ad un solo possesso di svantaggio quando mancano ormai pochi minuti. La Dolomiti però sbaglia tre triple consecutive ma, spinta da un pubblico assolutamente trainante, trova la schiacciata di Sutton che porta al -1 quando il timer dice che mancano 9 secondi al termine, ma con Venezia che ha la palla in mano.
Una vecchia volpe come De Raffaele sa che questo è il momento decisivo, qui si può fare la storia.
Chiama allora l’ultimo time out di serata per riprendere il gioco dalla metà campo avversaria e disegna la rimessa da effettuare.
Trento deve spendere il fallo per fermare il cronometro e tenere in vita qualche sterile speranza, la mano di Haynes però non trema dalla lunetta ed il punteggio è di 81-78 a 7 secondi dal termine. Trento con la forza della disperazione si catapulta in avanti, Venezia difende alla morte, ma Flaccadori riesce a liberarsi al tiro da 3 punti che porterebbe le squadre ai supplementari.
Sul campo e sugli spalti si prega, osservando quella palla che “lentamente” si dirige verso il canestro. Sono forse i veneti a pregare di più, e a soffiare quanto basta per far sì che la palla non entri. Il rimbalzo è però conquistato da un ariete di razza purissima come Sutton, che ha ancora il tempo per uscire dalla lunetta e tentare un ultima, disperatissima, tripla che però non riesce a mettere a segno.
E’ la vittoria del gruppo che ha portato ad un trionfo sudato, ma ottenuto meritatamente dopo una stagione che Venezia ha disputato sempre da protagonista, coronata con la vittoria finale, dopo il secondo posto alle spalle di Milano durante la stagione.
Onore però a Trento, che ha chiuso la stagione con le lacrime negli occhi dei suoi uomini più rappresentativi, ma con la consapevolezza di essere giunti ad un passo dal realizzare un’impresa epica, che ha comunque regalato emozioni uniche come l’aver dominato contro una corazzata come Milano, campione in carica, ed aver giocato un’insperata finale ad armi pari. Rimanere un gruppo stupendo, coeso e compatto. Rimangono le idee di un allenatore che ha saputo tirare fuori il meglio dai suoi uomini, andando oltre la sfortuna che ha spesso riempito l’infermeria. Rimangono delle ottime basi da cui ripartire per provare a ripresentarsi all’appuntamento con la storia e tentare di regalare a Trento il suo primo scudetto.
Trento: Sutton 23; Hogue 16; Forray 15.
Venezia: Ejim 15; Haynes e Filloy 14; Ress, Stone e Bramos 8.
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